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Venerdì, 29 Marzo 2024
Asso di denari

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A cura di Carlo Sala

Quanto rende il web e quali sono le possibili tasse in arrivo

Non c’è da stupirsi che gli Stati vogliano mettere le mani sui profitti generati dal web: i ricavi sono infatti troppo appetitosi per essere ignorati dal fisco. Il giro d'affari del web in Italia ha superato gli 1,7 miliardi di euro nel 2015 e visti gli aumenti registrati tra il 2010 e il 2015 (+41%) la ricchezza creata pare destinata ad aumentare ancora, dagli 62,1 miliardi di ricavi nel 2011 a ben oltre i 143 miliardi del 2015. Secondo i dati forniti dall'Upb, ed elaborati dall'Adnkronos, due giganti come Google e Facebook hanno fruttato alle varie amministrazioni tributarie, insieme, 2,4 milioni di euro.

A fronte di ricavi per 870 milioni, in Italia al fisco va solo lo 0,3%, ma un primo tentativo di introdurre la web tax nel 2013, con l'istituzione di un tributo nella legge finanziaria per il 2014 (sarebbe dovuto scattare a metà anno) è stata prima sospesa e poi abolita. Finora il fisco ha dovuto venire a patti coi giganti del web: naufragata l’idea di vietare alle imprese di acquisire servizi pubblicitari on line da aziende che non fossero munite di partita Iva italiana, ha trovato un accordo con Apple, che nel 2015 ha pagato 318 milioni per il periodo 2008-2013, e poi con Google, che ha versato 306 milioni per gli anni 2002-2015.

Al G7 di Bari si è ipotizzata una web tax, l’Italia va avanti sulla via seguita in questi anni. Un emendamento presentato in commissione Bilancio dal presidente, Francesco Boccia, prevede che i big della rete, che svolgano in Italia attività economiche suscettibili di configurare nel loro complesso una stabile organizzazione transitoria, debba cercare un'intesa con l'Agenzia delle entrate.

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