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Giovedì, 28 Marzo 2024
Casa Nostra

Casa Nostra

A cura di Walter De Cesaris

Per il "Palazzo" la casa non esiste

Si è esaurita la fase di insediamento del nuovo governo Renzi. Ora sui quotidiani impazza la discussione sui titoli dei provvedimenti annunciati dal premier, sulle risorse da mettere in campo e sulle le coperture da trovare. Nulla di tutto questo riguarda minimamente le politiche abitative

Tre milioni e mezzo di inquilini, 650 mila famiglie, sono in vana attesa di una casa popolare (come certificato dai comuni sulla base dei bandi in vigore), alcune centinaia di migliaia di nuclei su cui pende una sentenza di sfratto esecutiva rimangono fantasmi, invisibili alla politica e alle scelte dei palazzi del potere. 

Una politica iniqua e cieca. Iniqua perché il tema dell’abitare riguarda in primo luogo la parte più povera della popolazione; cieca perché una nuova politica abitativa rappresenterebbe una delle principali opere di ammodernamento infrastrutturale di cui il Paese ha necessità. 

Un solo esempio: una statistica di pochi giorni fa rileva che oltre il 60% dei giovani sarebbe disposto a lasciare la propria città per lavorare. Peccato che, per prendere una abitazione in affitto, serve, specialmente per un giovane agli inizi del lavoro,  praticamente la quota equivalente di un salario mensile.

Circa 65 anni fa, all’indomani della seconda guerra, il cosiddetto “Piano Ina Casa”, oltre a rispondere al fabbisogno di case, rappresentò un grande investimento produttivo e per il lavoro.

Oggi, nella crisi più grave da quel periodo, un grande piano per abitazioni in affitto sociale avrebbe lo stesso enorme impatto. Sarebbe un modo per entrare in Europa dalla parte dei diritti e non da quella dei tagli (la media europea in abitazioni sociali è del 16% contro un misero 4% dell’Italia).

La differenza fondamentale sarebbe una: non c’è bisogno di nuove ondate di cemento, speculative. Si è costruito già troppo e male. Si deve agire con il recupero urbano e il riuso del’enorme patrimonio pubblico.

Chi occupa immobili pubblici dismessi, nella stragrande maggioranza dei casi, pone questi problemi e chiede risposte in termini di politiche sociali. Occorre il coraggio di cominciare a darle queste risposte.

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