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Venerdì, 29 Marzo 2024
Casa Nostra

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A cura di Walter De Cesaris

Piovono pietre sugli inquilini

Solo dieci anni fa gli sfratti erano intorno ai 40 mila l’anno. Nel 2012 sono arrivati a 70 mila. Alcune indiscrezioni, ancora non confermate dagli istituti preposti, fanno presupporre che nel 2013 le sentenze di rilascio di alloggi siano ancora cresciute, forse potrebbero avvicinarsi ad 80 mila.

Colpiscono due differenze fondamentali dal passato. La prima è che si è rovesciata la composizione interna agli sfratti: la morosità è cresciuta con progressione geometrica e raggiunge ormai il 90% delle nuove sentenze; la seconda è che il fenomeno sfratti è divenuto una questione nazionale che, come uno tsunami, è tracimata dalle grandi aree metropolitane e interessa allo stesso modo grandi, medi e piccoli centri. 

I dati sono non equivoci. Due esempi: in rapporto alla popolazione residente, Prato è la città con più sfratti in Italia e una cittadina ridente come Rimini ha lo stesso numero di sfratti di Roma; il 90% degli inquilini sfrattati sono morosi. Secondo voi, significa che siamo un popolo di truffatori o è il segnale più che evidente di un disagio sociale che va affrontato? 

La realtà è siamo dentro una crisi terrificante che ha falcidiato i redditi popolari e che c’è un rapporto diretto tra crisi industriale, licenziamenti, cassa integrazione e sfratti. Per il governo (anzi, i governi) il problema sembra non esistere o è confinato a mera questione di ordine pubblico. Non è un caso che, anche istituzionalmente, il tema sfratti è competenza del ministero dell’Interno.

In questi giorni si è parlato, spesso a vanvera, di proroga degli sfratti. E’ bene sapere che per gli sfratti, in realtà, non c’è alcuna sospensione poiché il rinvio in essere riguarda solo nuclei con particolari condizioni e con sfratto per finita locazione, cosicché il 90% dei nuovi sfratti rimane senza alcun ombrello di protezione.

Servirebbe una politica nuova. Dicono che non ci sono i soldi (o se ci sono servono per altro). Noi possiamo avanzare una piccola proposta senza oneri aggiuntiti e che si compensa dentro lo stesso comparto affitti.  Oggi chi affitta a libero mercato paga sul reddito da locazione che riceve una aliquota forfettaria del 21% (inferiore a quanto paga di Irpef un qualsiasi lavoratore sulla propria busta paga).  Non è una proposta di buon senso fare in modo che chi vuole realizzare il massimo profitto paghi almeno l’aliquota corrispondente al proprio reddito?  Così si libererebbero risorse ingenti da investire in riduzioni fiscali per chi, invece, accettasse una riduzione del canone, diciamo almeno della metà di quelli attuali.  Ci sarebbe una sensibile riduzione degli affitti (e conseguentemente degli sfratti) a costo zero. Anzi a un solo costo: la rendita speculativa inizierebbe a pagare il dovuto.

                                      

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