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Sabato, 20 Aprile 2024
Casa Nostra

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A cura di Walter De Cesaris

All'asta gli alloggi popolari: così il governo "sfratta" il diritto alla casa

L’Italia ha un’offerta di abitazioni sociali tra le più misere d’Europa: solo quattro case ogni cento rispetto a una media dei Paesi membri dell'Ue che è di 16 abitazioni sociali ogni cento. A causa dell’assenza di case popolari, ci sono almeno 700 mila famiglie che i comuni hanno certificato come "aventi diritto" di un alloggio e che rimangono senza risposta. E senza casa

Nel frattempo, crisi e disoccupazione fanno strage anche nel comparto casa: gli sfratti sono in continuo aumento (220 mila solo negli ultimi tre anni) e in particolare quelli per morosità crescono in maniera esponenziale (sono ormai il 90% degli sfratti emessi). 

Non senza un velo di ironia, il governo ha emanato un decreto legge chiamandolo “misure contro il disagio abitativo”, recentemente approvato dal parlamento (Legge 80 del 23 maggio 2014), che all’articolo 3 prevede, d’intesa con Regioni e Comuni, il varo di un decreto per individuare nuove procedure di alienazione degli immobili di proprietà degli IACP (in pratica, quelle che chiamiamo le case popolari).

Ci sono oltre settecento decreti attuativi di leggi approvate che ancora latitano ma, quando si tratta di fare cassa, allora si corre. E così il Governo ha recentemente inviato alla Conferenza stato - regioni e comuni questo schema di decreto. Siamo in grado di anticiparne i contenuti fondamentali anche per lanciare un grido di allarme.

Il folle disegno del governo è quello di vendere il patrimonio all’asta, partendo dal valore di mercato, e l’unica tutela scritta nero su bianco per l’assegnatario sarebbe quella del diritto di prelazione sulla base del prezzo di aggiudicazione dell’asta pubblica. 

Un disegno folle che, in pratica, si rivelerebbe un ennesimo grande favore alla speculazione immobiliare: è infatti evidente come gli alloggi popolari situati in aree di pregio sarebbero appetibili agli incrementi mentre per quelli in arre degradate l’interesse sarebbe pari a zero. Un favore alla speculazione ancora più grande perché si prevede che gli immobili definiti fatiscenti o i cui costi di manutenzione sono ritenuti troppo onerosi, possano essere venduti all’asta in blocco.

Pensare di fare cassa sulle case popolari è come pensare di fare soldi svaligiando la cassetta delle offerte per i poveri dentro le chiese.

Una cosa al contempo spregevole perché è ai danni delle persone più indifese e miserabile perché alla fin fine si tratta di spiccioli, gocce nel mare del debito pubblico. Perché, invece, non cambiare completamente l’attuale gestione inadeguata del patrimonio pubblico?

Come? Ad esempio prevedendo misure di accompagnamento verso il social housing (con affitti compatibili) a chi sta in una casa popolare ma ha un reddito superiore al limite o pensare davvero a come sconfiggere la piaga della compravendita delle case popolari e della penetrazione dei poteri criminali dentro grandi aree del comparto pubblico in ampie aree del Paese. 

Perché non pensare a un piano di investimenti per incrementare invece che dismettere il patrimonio pubblico, cominciando dal recuperare quei 30/40 mila alloggi popolari oggi vuoti perché bisognosi di interventi di manutenzione, spesso anche assai modesti?

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