Speriamo che il teatro ci venga a scovare
“Se la gente non viene a teatro, porteremo il teatro alla gente”, così riflettevano una sera di due anni fa Chiara Casarico e Tiziana Scrocca, storiche fondatrici della compagnia “Il naufragar m’è dolce”, dopo uno spettacolo in cui tanto avevano dato ma poco incassato. È vero che quel giorno a Roma c’era la neve – e questo tipo di avvenimento, raro per la città, non incoraggia certo i suoi abitanti ad andarsene in giro per teatri.
È anche vero che per ostinarsi a fare teatro in Italia ci vuole un bel po’ di follia. Le condizioni produttive, di circuito degli spettacoli e di gestione delle sale fanno sì che le maggior parte delle compagnie viva una vita grama. Un po’ come oggi succede per i contadini, c’è tutta una filiera che campa sulle spalle della materia prima prodotta da chi nel teatro ci crede e che, pur non essendo più di primo pelo, è disposto ad addossarsi i costi (di sala, di promozione, di uffici stampa, ecc.) per riuscire ad andare in scena e poi magari fare il paro con le spese, o addirittura rimetterci.
Ma quelle del “Il naufragar m’è dolce” - il femminile e d’obbligo per una compagnia dove le donne sono in larga maggioranza - che gli spettacoli se li scrivono, se li producono, se li allestiscono e li portano in giro, una vena di follia ce l’hanno veramente. Follia che attorno a Chiara Casarico e Tiziana Scrocca fa coagulare attrici, musiciste, scenografe, danzatrici, datrici luci, e che, sia in scena sia nelle corsie degli ospedali pediatrici, fa essere le due attrici/autrici anche straordinarie “clownesse” (non è certo peggio di “direttora” o “ministra”: passatemela, per favore...) .
A quella loro riflessione di due anni fa ha fatto seguito il progetto “Agorà”, che ha portato il teatro e la musica “alla gente”, direttamente dentro i cortili delle periferie romane ed in diverse città della provincia, come Arsoli, Manziana, Formello.
Un progetto che, in verità, le “naufraghe” covavano da tempo, insieme a quello di mettere in rete le compagnie italiane di teatro civile e sociale. Durante la prima edizione di “Agorà”, a San Basilio e Tufello è stato realizzato anche un laboratorio itinerante, “Segni, memoria e desiderio della città”, rivolto agli abitanti di quei quartieri: interviste, raccolta ed elaborazione di materiale fotografico e video realizzati nei cortili della case popolari, nei centri anziani, nelle biblioteche. Il laboratorio è stato documentato in un audiovisivo dallo stesso titolo.
Quest’anno il progetto “Agorà” è giunto alla seconda edizione, che è partita il 27 luglio scorso e vede nel prossimo 27 settembre l’evento conclusivo con le musiche di Lucilla Galeazzi.
C’è da ricordare che la concretizzazione del progetto Agorà è stata resa possibile dalla partecipazione della compagnia ad alcuni avvisi pubblici, del Comune di Roma e della Provincia di Roma. Una nota positiva, se si pensa a come nel tempo le politiche culturali abbiano scarsamente incentivato la frequentazione del teatro. Sarebbe comunque il caso di rendere permanenti esperienze come quella di “Agorà”, e magari riproducibili in tanti altri cortili d’Italia.
Complice la crisi e le angosce reali che ne derivano, in grandi e piccole città la sera si tende sempre più a rimanere in casa, nonostante la sempre più diffusa consapevolezza che il piccolo schermo continua a vomitarci addosso ogni sorta di spazzatura. Speriamo che il teatro, e in questo caso le teatranti, ci vengano a scovare....