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Martedì, 23 Aprile 2024
Curarsi mangiando

Curarsi mangiando

A cura di Francesco Garritano

Diete e diagnosi: perché i trattamenti pensati per una persona non vanno bene per un’altra

E’ un concetto su cui insisto costantemente: l’individualità nelle scelte cliniche da adottare e nel trattamento nutrizionale da seguire. Ciò che va bene per una persona non va bene per un’altra, pur presentando magari un simile quesito diagnostico: vediamo il perché nell’articolo che ho scritto per voi!

Individualità, una regola da seguire

Spesso sui gruppi che gestisco su Facebook o anche da parte di alcuni pazienti che seguo in studio, mi capita di assistere a scambi di opinione su trattamenti alimentari, clinici, ecc. Tutto ciò però si rivela solamente deleterio per la salute del paziente, in quanto alcune tipologie di trattamento, che possono andare bene per un paziente, non vanno bene per un altro, e viceversa, pur presentando un quadro diagnostico simile.

Faccio parte da molti anni della rete degli specialisti di segnale, che portano avanti i principi della dieta di segnale ed è proprio in questo contesto che riveste particolare importanza il concetto di individualità, perché ogni soggetto deve essere considerato nel proprio contesto sociale, in base alle sue abitudini di vita, ai suoi gusti, alle sue patologie, alla sua storia clinica, senza fare di tutta l’erba un fascio.

Questo concetto si può applicare in clinica sia di fronte a persone che si rivolgono a me per dimagrire e riacquistare il proprio benessere psicofisico, sia di fronte a persone che soffrono di determinate patologie da trattare tramite l’alimentazione e l’integrazione. Il paziente, durante il primo colloquio, esterna il suo carattere, le sue perplessità, i suoi dubbi, ma mette in chiaro anche i suoi gusti e ciò che vorrebbe o non vorrebbe fare; quindi, è importante assecondarlo per ciò che si può, affinché il cambiamento possa essere più duraturo possibile, senza consigliare delle pratiche standard che non rispecchiano la persona, la quale sicuramente abbandonerà il percorso.

Individualità nelle patologie

L’individualità, però, non va soltanto valutata nel soggetto che vuole perdere chili di massa grassa in eccesso, ma anche in chi soffre di patologie; esistono dei protocolli standard o che si creano approfondendo un argomento (come accade nel mio studio, insieme al mio team, per creare un protocollo sulle malattie autoimmuni), basati su studi scientifici che hanno dimostrato degli effetti positivi o negativi di definiti alimenti o nutrienti in una determinata patologia.

Ma siamo tutti uguali? Ognuno di noi è caratterizzato da un corredo cromosomico, che può subire delle mutazioni o delle alterazioni, ognuno ha una determinata reattività ad un alimento piuttosto che ad un altro, quindi il protocollo così com’è non può essere applicato, ma va modificato in base alla persona che abbiamo di fronte.

Come valutare l’individualità?

Per valutare le caratteristiche individuali di un soggetto, non basta guardarsi allo specchio o pesarsi sulla bilancia (pratica poco utile), ma bisogna approfondire ogni problematica sottoponendosi ad alcuni esami: esami del sangue, ecografie, colonscopie, gastroscopie o tecniche più semplici e meno invasive come il test delle intolleranze (Recaller test), che valuta il grado di infiammazione da cibo e le categorie di alimenti che infiammano il corpo individuandone la sensibilità personale; altri test in grado di valutare la presenza di alterazioni fisiologiche possono essere il breath test per l’HelicobacterPylori, altri test effettuati sul respiro per valutare la permeabilità intestinale, l’intolleranza al fruttosio, la SIBO, il malassorbimento tramite i breath test al glucosio, al fruttosio, al sorbitolo, al lattulosio, oppure test effettuabili sui capelli, come il mineralogramma, in grado di valutare carenze o eccessi di minerali essenziali e non per l’organismo.

Esempi pratici

Sottoporsi a questo tipo di test è importantissimo, sia per conoscere meglio il proprio organismo, sia per non sbagliare nel trattamento dietoterapico. Ad esempio, utilizzare la curcuma o utilizzare degli integratori di curcumina nelle patologie autoimmuni, in particolare in caso di Tiroidite di Hashimoto, è utile in quanto regola il sistema immunitario, bloccando la proliferazione di alcuni linfociti coinvolti nel processo di distruzione della ghiandola tiroidea; bisogna porre attenzione però ai soggetti che, pur soffrendo di patologie autoimmuni, presentano dei calcoli alla colecisti, perché la curcumina potrebbe creare forti dolori, in quanto questa favorisce la contrazione della cistifellea e, quindi, il rilascio della bile.

L’individualità, dunque, è il primo aspetto da valutare quando si consiglia un percorso dietoterapico e, per lavorare meglio si dovrebbe avere del buon materiale diagnostico in grado di fornirci un quadro generale sulla persona; alcuni test sono anche effettuabili nel mio studio, in modo da ridurre i tempi di attesa per avere il proprio piano alimentare.
 

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