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Giovedì, 18 Aprile 2024
Curarsi mangiando

Curarsi mangiando

A cura di Francesco Garritano

Diete ipocaloriche, gli errori più comuni e i miti da sfatare

Vorrei iniziare questo mio nuovo articolo con una frase estrapolata dal mio libro “Il dimagrimento parte dalla testa”, per introdurre un concetto, o forse il mio sfogo, che è quello del cambiamento.

“La difficoltà non sta nel credere nelle nuove idee, ma nel fuggire dalle vecchie” (J.M. Keynes)

Le diete fast

Scrivo questo articolo con la consapevolezza che molte persone, anche miei pazienti, non condivideranno le mie idee, ma ho bisogno di spiegarvi perché insisto ogni volta sul concetto di gradualità. Oltre ad essere un concetto espresso dall’acronimo GIFT, la gradualità è un modo di vivere la vita, quindi anche la dieta. Tante persone si rivolgono a me per la prima volta chiedendomi “Quanti chili perderò? In quanto tempo?” perché sono ancora legate alle diete superveloci “7 chili in 7 giorni” che provocano il deperimento e che fanno riprendere il doppio, se non il triplo, dei chili persi in poco tempo. E la bilancia, quella malefica, viene considerata ancora uno strumento utile per misurare il dimagrimento; ma scherziamo? Proviamo a capire dove sbagliamo ed il perché non sono d’accordo con le diete ipocaloriche.

Partiamo dalla stessa parola, dieta ipocalorica; dieta significa stile di vita, è il modo in cui scegliamo di mangiare per sempre, ipocalorica, invece, sta per “meno calorie”. Come possiamo pretendere di mangiare meno calorie del necessario per tutta la vita? Ciò che vorrei trasmettere durante ogni visita ai miei pazienti è una lezione di educazione alimentare, fare loro da guida nel percorso del dimagrimento, ma renderli consapevoli di come mangiare per permettere loro di farlo bene anche dopo aver terminato le visite presso il mio studio. Le diete ipocaloriche “funzionano” nei primi giorni perché non diamo abbastanza energia al nostro corpo, che per ottenerla utilizza grasso e muscoli; ma più passa il tempo, meno saranno efficaci, poiché al nostro cervello arriverà il “segnale di carestia”, ovvero non vi sarà abbastanza nutrimento per il corretto funzionamento degli assi metabolici, così questi verranno inattivati ed il nostro peso rimarrà stabile. Se, invece, mangiassimo in quantità adeguate, scegliendo cibi di qualità ed eliminando tutto ciò che non è necessario al nostro organismo e che gli uomini primitivi non avevano a disposizione, attiveremmo il metabolismo e perderemmo solo grasso e non muscolo, mantenendo il tono muscolare. Per fare ciò, però, sarà necessario mangiare abbondantemente a colazione, sia carboidrati integrali, sia proteine che fibre, rendendolo il pasto principale della giornata, e rendendo il movimento un’attività quotidiana di cui non potremo fare a meno. Infatti, a chiedermi le diete ipocaloriche sono sempre i soggetti più pigri, che non vogliono muoversi, per rendere la vita più semplice pur danneggiando il loro corpo; l’attività fisica è il farmaco gratuito che dovrebbero assumere tutti, per prevenire e trattare tutte le patologie dalle meno alle più gravi. Infine, perché la bilancia non dovrebbe proprio essere considerata? Perché se pesassimo un soggetto in sovrappeso ed un altro con una buona muscolatura e l’adeguata percentuale di grasso, potremmo ritrovarci con lo stesso numero sul display. Il miglior metodo per sapere com’è distribuita la massa muscolare, la massa grassa e l’acqua corporea è il bioimpedenziometro, che utilizzo durante le mie visite, per dimostrare ai pazienti come pur non variando il numero, varia la distribuzione corporea.

Non esistono miracoli, ma obiettivi

Come ho scritto anche nel mio libro, bisognerà uscire dalla zona di comfort, ovvero da quella posizione in cui il soggetto si trova sufficientemente bene, il luogo comodissimo e sicuro che si è creatobasandosi sulle proprie esperienze e convinzioni ed in cui ha raccoltotutte sicurezze ed abitudini. In questa zona non è esposto a rischi, è protetto da situazioni che possono causare dolore o disagio ma soprattutto è sicuro di avere il pieno controllo di tutto perché in questo spazio accade esattamente solo ciò che ci si può aspettare.

Per uscire dalla zona di comfort “serve che avvenga un qualcosa nella persona, qualcosa che la motivi, qualcosa che segni un punto di rottura tra il prima e il dopo, tra il vecchio ed il nuovo, un punto in cui la persona capisce e prende consapevolezza di non stare più bene e di voler cambiare”. Solo se questo avviene, allora la persona che prima sperava in un miracolo, comincerà a capire che per vedere risultati efficienti dovrà agire con gradualità ed aspettare che il corpo reagisca.

Poiché le diete lampo non esistono, mi piace affrontare il cambiamento con i pazienti lavorando per obiettivi, obiettivi SMART: Specifici, Misurabili, Attuabili, Rilevanti ed in un periodo di Tempo stabilito. L’obiettivo non per forza deve basarsi sul peso o sulla quantità di massa grassa rilevata dal bioimpedenziometro, ma può essere anche il cambiamento di abitudini: un obiettivo SMART potrebbe essere fare una colazione da re ogni giorno, oppure fare attività fisica almeno 60 minuti al giorno, per poi verificare durante il successivo controllo i progressi anche a livello fisico.

Ciò che serve, per credere nel cambiamento, è la motivazione che deve essere sempre attiva, persistente ed intensa; solo se saremo motivati smetteremo di lamentarci ad ogni controllo dicendo che il dimagrimento va a rilento, ben venga anzi, almeno sarà più duraturo. Vi invito a riflettere leggendo questo articolo, potrebbe esservi d’aiuto nell’affrontare l’obiettivo “prova costume 2018”.

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