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Giovedì, 18 Aprile 2024
Curarsi mangiando

Curarsi mangiando

A cura di Francesco Garritano

Digiuno intermittente, di che cosa si tratta e perché non fa dimagrire

Mal  volentieri, soprattutto tra numerose pazienti che giungono allo studio o mi chiedono informazioni sui gruppi, sento parlare della famigerata pratica del digiuno intermittente: è diventata la moda del momento, tutti mi chiedono se possa essere d’aiuto, ma la mia risposta è sempre una, quella che ritroverete nell’articolo.

Digiuno intermittente, perché non fa dimagrire 

Sono tantissimi i pazienti che mi chiedono “Dottore ma lei cosa ne pensa del digiuno intermittente?”, perché ormai è una tecnica che vorrebbero provare tutti per testarne l’efficacia; la mia risposta però è sempre quella: “Non le bastano 8-9 ore a notte per digiunare?!”. In effetti è così, se ci riflettete noi digiuniamo ogni giorno, anzi ogni notte, per un bel po’ di ore; a cosa serve farlo per giorni interi?

Il segnale che riceve l’organismo dal digiuno intermittente non è positivo e ne parla anche lo studio che ho pubblicato sotto: se da un lato è vero che il fattore di crescita IGF-1 abbassa le sue concentrazioni, dall’altro lato aumenta il colesterolo LDL e l’organismo riceve un segnale di “carestia”. Mi spiego meglio. Come ho sempre detto, il nostro organismo per bruciare energia deve essere nutrito, di cibi adeguati al momento giusto, in modo da poter comunicare al cervello che l’eccesso può essere bruciato in quanto vi sono adeguate riserve energetiche; se, invece, mangiamo poco o digiuniamo, il corpo tende a conservare tutto ciò che è riserva energetica per cui non ci fa dimagrire, anzi altera i parametri ematochimici. Eppure, ancora si pensa che si dimagrisce non mangiando.

Digiuno intermittente, di che cosa si tratta 

Recentemente viene proposto (in “mille salse”) un sistema di dimagrimento totalmente opposto che prende il nome di digiuno intermittente. Tale principio è già fortemente inflazionato e, a dire il vero, piuttosto confuso. Si passa dalla “dieta del cavernicolo”, che prevede un’enorme abbuffata con uno o due giorni di digiuno, al sistema 16/8 (dove 16 sono le ore di digiuno e 8 quelle nelle quali vengono consumati 2 o 3 pasti).
Il principio cardine del digiuno intermittente è quello di creare una “finestra” (lasso di tempo) di digiuno con durata tale da incidere sul bilancio calorico complessivo e sul metabolismo ormonale.

Lo studio sul digiuno intermittente 

Lo studio che ho riportato sotto, pubblicato su The Journal of Nutrition, dimostra come dopo solo una settimana dal digiuno intermittente pur essendo diminuite le concentrazioni del fattore di crescita IGF-1 e della glicemia, sono aumentati i livelli del colesterolo totale, del colesterolo LDL e della sua apolipoproteina, l’Apo-B.

Durante lo studio effettuato l’assunzione dei soggetti che si sono prestati era limitata all’acqua minerale (minimo 2 litri al giorno) e ad un multivitaminico con minerali, concedendo ai soggetti una passeggiata sorvegliata di 30 minuti due volte al giorno.

Quando digiuniamo la sopravvivenza dipende da un numero di aggiustamenti ormonali e biochimici finemente coordinati: inizialmente, la glicemia viene mantenuta dalla mobilizzazione del glicogeno immagazzinato, ma le riserve di glicogeno sono limitate e se il digiuno continua richiede la mobilizzazione di substrati alternativi come acidi grassi liberi e corpi chetonici. Studi hanno dimostrato che in queste condizioni il colesterolo immagazzinato nella gocciolina lipidica della cellula del tessuto adiposo viene rilasciato nel plasma ed è la principale fonte di colesterolo durante la privazione di cibo.

Infatti, il digiuno intermittente è accompagnato da una sostanziale lipolisi che potrebbe spiegare gli aumenti osservati dei lipidi sierici nei soggetti sottoposti allo studio; tuttavia, una diminuzione dell’assorbimento di LDL da parte del fegato potrebbe essere un secondo meccanismo che contribuisce ad aumentare i livelli di LDL: ciò è supportato da studi che dimostrano che l’insulina, che diminuisce durante la privazione di energia, aumenta l’espressione del gene del recettore LDL epatico e il legame col recettore LDL.

Digiunare o non digiunare?

Allora sarebbe meglio digiunare per prevenire l’insorgenza di patologie come il cancro oppure mangiare cibo di qualità e muoversi costantemente per ottenere lo stesso obiettivo?

Le diete di restrizione, come i digiuni intermittenti, non proteggono il nostro organismo, anzi rallentano il metabolismo infatti a lungo andare i primi effetti che si verificano sono l’amenorrea (totale scomparsa del ciclo) ed il rallentamento della funzionalità tiroidea.

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