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Giovedì, 25 Aprile 2024
Curarsi mangiando

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A cura di Francesco Garritano

PCR alta: l’importanza di alcune proteine sieriche nella diagnostica clinica

La PCR è un esame che richiedo spesso ai pazienti che vengono presso il mio studio a visitarsi. La ritengo come un punto di partenza importante per avere poi un quadro clinico maggiormente definito. Ma vediamo bene, in che modo può essere utile allo specialista quest’esame? Nell’articolo vi ho parlato di questa strana ma necessaria proteina. Buona lettura!

I biomarcatori del siero possono rilevare cambiamenti subclinici nell'infiammazione e ci dicono tanto riguardo a ciò che sta accadendo nel nostro organismo. Ovviamente, i parametri specifici per una data malattia infiammatoria, come lo sono le malattie autoimmuni, gli stati di flogosi particolari, a volte possono essere soddisfacenti, diagnosticamente parlando, altre volte lo sono meno. Tuttavia, le proteine ​​di fase acuta di infiammazione sono spesso incluse nei pannelli di screening come marcatori sensibili di infiammazione. Le concentrazioni sono basse negli animali sani, ma possono aumentare rapidamente con l'infiammazione. Così come la VES, anche la proteina C-reattiva (PCR) dispone di una certa rilevanza clinica che suggerisce una possibile utilità nel monitoraggio del controllo di malattie infiammatorie, tumori, malattie autoimmuni, e altro ancora.

Ma vediamo insieme: che cos’è questa proteina C reattiva? La proteina C reattiva (PCR) è un indice infiammatorio, i cui valori ematici si innalzano in risposta ad un meccanismo di difesa che il nostro organismo svolge nei confronti di un corpo estraneo al suo interno. La produzione di PCR avviene principalmente a livello epatico, ma anche negli adipociti, i quali sono anche sede di produzione di citochine infiammatori importanti, in risposta a stimoli infiammatori di diversa natura. Cosa fa questa proteina nello specifico? Essa va a legarsi alla parete cellulare batterica, ed in particolare complessandosi con la fosfatidilcolina, in modo che ne possa permettere il processo di fagocitosi e la degradazione ad opera dei monociti. Quand’è che i suoi valori ematici si innalzano? Innanzitutto, i valori di riferimento della stessa sono compresi in concentrazioni tra 5-6 mg/L, ed in particolare, il valore medio della proteina C reattiva è compreso tra 0,5 mg/l e 10 mg/l, in relazione ovviamente all’età e al sesso del paziente. Quando si ha un processo infiammatorio, il valore della proteina C reattiva può raggiungere valori molto elevati, fino a 500-1.000 mg/L, suggerendo appunto un meccanismo di difesa del corpo nei confronti del patogeno.

Quali sono, in particolar modo, le condizioni cliniche che fanno innalzare i valori della PCR? Soprattutto quando ci troviamo di fronte a malattie reumatologiche, autoimmuni, infezioni batteriche, tumori e traumi, e rispetto alla velocità di eritrosedimentazione (VES), la proteina C reattiva risente maggiormente, ovvero, è più sensibile alle risposte interne di infiammazione nell’organismo. Tuttavia, un valore di proteina C reattiva cronicamente elevato è stato anche riscontrato come fattore predisponente ad un aumento del rischio cardiovascolare, così come lo è l’omocisteina sierica elevata, di cui ho anche discusso a lungo in articoli precedenti. .

Quindi, detto ciò, ora ci interroghiamo sicuramente sul fatto che questa proteina manchi di specificità. Certo, la PCR, come altre proteine ​​della fase acuta, manca di specificità e ciò richiede l'inclusione di biomarker aggiuntivi, in combinazione con le APP, gli autoanticorpi, le analisi su materiale biologico, per migliorare la specificità della malattia. Infatti, il dosaggio dei livelli ematici di proteina C reattiva, unitamente a quello di altri valori ematici quali LDL/HDL, omocisteina, colesterolo totale, APOB/APOA1, trigliceridi, serve per avere un quadro più completo dell’infiammazione, del rischio cardiovascolare, ma non può sostituirsi completamente ad essi (in quanto indice aspecifico dell'infiammazione).

Le condizioni che predispongono alle malattie immuno-mediate sono scarsamente comprese, così come lo sono per le neoplasie, per le condizioni degenerative infiammatorie, ma generalmente tali malattie sono associate ad un appropriato targeting di esami specifici, che vengono spesso eseguiti in conseguenza alla valutazione dei sintomi, dei segni e dell’evidenza di questo campanello importante d’allarme  (PCR) che lo specialista prende in considerazione.
Per questo lo ritengo un esame importante da tenere in considerazione, ed infatti, la maggiore conferma di avere davanti un quadro clinico e diagnostico di una certa tipologia riesco ad ottenerla unendo i sintomi, le evidenze strumentali, le analisi specifiche, supportate in primis da quelli che definisco “importanti campanelli d’allarme”, come lo è la PCR per esempio.

PCR alta: l’importanza di alcune proteine sieriche nella diagnostica clinica

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