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Martedì, 19 Marzo 2024
Curarsi mangiando

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A cura di Francesco Garritano

Terapia farmacologica e disfunzione tiroidea: siamo sicuri di non sbagliare?

Siamo davvero sicuri che la terapia ormonale tiroidea sia la migliore soluzione efficace per tutte le tipologie di evidenze cliniche che si presentano? Voglio dimostrarvi che non è così: con questo articolo capirete molte informazioni utili ai fini della gestione di alterata funzionalità tiroidea, e come e quando, eventualmente, optare per una terapia farmacologica. Buona lettura!

Alterazione tiroidea oppure sregolazione degli assi metabolici?

Spesso si fa molta confusione su quando e come assumere i farmaci ormonali atti a compensare un’alterata funzionalità tiroidea. Molte volte si sbaglia a consigliare al soggetto il momento in cui farne uso, per cui risulta totalmente inutile o addirittura deleterio per la salute stessa e per la funzionalità degli assi metabolici nell’organismo.

Per giungere alla conclusione che la ghiandola tiroidea non funziona in maniera corretta, è necessario che ci siano delle condizioni cliniche ben precise.
Spesso giungono pazienti che lamentano oscillazioni dei valori del TSH in un quadro ormonale che però non risulta alterato. Sicuramente le oscillazioni del TSH devono essere prese in considerazioni e non passare inosservate, ma ad arrivare alla conclusione che è necessario far uso della levo-tiroxina ce ne vuole! Vediamo di capirci meglio ed entrare nel dettaglio.

Molto spesso, come dico sempre ai miei pazienti e come ho scritto nel mio libro “La dieta anti-infiammatoria”, i disturbi a carico della tiroide si presentano frequentemente in conseguenza ad una sregolazione degli assi ormonali in seguito a cattive abitudini adottate o a comportamenti errati nello stile di vita che si conduce. Flussi non corretti di leptina, alimentazione non corretta, mancanza di esercizio fisico, sedentarietà, esposizioni ad interferenti endogeni, mancanza di sonno, ecc., sono tutti fattori che incidono in maniera significativa sullo sviluppo dell’infiammazione e sulla genesi di problemi a carico del sistema endocrino, con predilezione per l’asse ipotalamo – ipofisi – ghiandole dipendenti (tra cui la tiroide). Molte volte sono proprio le citochine pro-infiammatorie, come il BAFF ed il PAF, che inducono insorgenza di infiammazione e alterazione della funzionalità tiroidea, ed è per questo che io consiglio loro di agire naturalmente ed evitare di assumere terapie farmacologiche quando la tipologia di problema tiroidea è tranquillamente gestibile mediante correzione dello stile di vita e abbassamento dell’infiammazione.

Alterazione tiroidea: quando intervenire farmacologicamente e quando invece non farlo

Studi scientifici hanno documentato a iosa in merito alla gestione dei disturbi tiroidei con determinati valori specifici da tenere in considerazione: già, in assenza di specifiche condizioni morbose a carico dell’organismo, è consigliato non procedere con alcun trattamento fino a livelli di TSH pari a 10 mUI/L. Inoltre, nel momento in cui si presenta l'ipotiroidismo subclinico (cioè la situazione in cui il TSH si alza, anche se la funzione tiroidea rimane conservata, con FT4 regolare), in assenza di sintomi, non deve essere trattato farmacologicamente anche se il TSH si avvicina a valori di 20 mUI/L.

Quand’è che è invece necessario trattare farmacologicamente la disfunzione ghiandolare con il TSH alterato? Nei seguenti casi

  • in caso di donne che stanno cercando una gravidanza o che potrebbero diventare gravide ( il livello di TSH non deve stare sopra i 2,5 mUI/L);
  • in caso di soggetti giovani, inferiori ai 30 anni;
  • in caso di presenza di sintomi (circa un terzo dei pazienti può presentarli, si legga qui per maggiori approfondimenti su quali sono);
  • in caso di assunzione già in corso di ormoni tiroidei (in cui la riduzione va decisa con cautela e sotto osservazione).

Bisogna saper gestire l’impiego della levo-tiroxina, non sempre è necessario il suo intervento come, invece, vedo argomentare in merito quotidianamente sul mio gruppo Facebook, tra le risposte ai commenti e nei post che gestisco.

Alterazione tiroidea e gestione consapevole del problema

Le raccomandazioni valgono anche per le tiroiditi di Hashimoto e in genere per le tireopatie autoimmuni. Si calcola che solo il 2-3% degli ipotiroidismi subclinici da Hashimoto possa evolvere, ogni anno, verso un vero ipotiroidismo sintomatico. Come dico sempre, la levo-tiroxina non cura la tiroidite autoimmune, bensì può andare a fare quello che non fa la tiroide correttamente, ovvero compensa la produzione ormonale alterata da ghiandola danneggiata. Per trattare il problema a monte, ovvero l’infiammazione, è necessario andare ad agire sull’eliminazione di tutti quei fattori che incentivano la progressione del fenomeno autoimmune, come l’alterata permeabilità intestinale, l’assunzione di alimenti stimolanti una classe di cellule del sistema immunitario particolarmente coinvolte nel fenomeno autoimmune (cellule Th17, cellule NK, ecc. ).  

Sarebbe più opportuno agire, il più delle volte, con una consapevole correzione del proprio stile di vita, a partire dall’alimentazione e dalle pratiche quotidiane. I corretti flussi di leptina dovuti a una corretta distribuzione e ripartizione delle componenti nutrizionali dalla colazione fino alla cena, la stimolazione endocrina positiva promossa da una costante attività fisica quotidiana, l’eliminazione degli alimenti pro-infiammatori e dei fattori endogeni ed esogeni che scatenano l’infiammazione, il controllo della micronutrizionea partire dai livelli di selenio, magnesio, vitamina C, vitamina D, vitamina k2, myo-inositolo, ecc., sono tutti dettagli che vanno tenuti in considerazione per la promozione del benessere, della salute sia per l’organismo sia per le ghiandole endocrine, e per stare meglio in generale.

Molte volte l’errore che commettiamo è quello di cercare di curare alcune condizioni che, invece, se riflettessimo un po’ potremmo benissimo combattere correggendo solamente alcuni (o forse molti) errori che commettiamo nella pratica quotidiana.

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