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Martedì, 23 Aprile 2024
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A cura di Gabriele Ferrieri

30 anni dal trattato di Maastricht, un appello per il rilancio dell'Europa all'insegna del digitale

Il 7 febbraio 1992 a Maastricht, cittadina nel Sud dei Paesi Bassi, al confine con il Belgio e a pochissimi chilometri dalla frontiera con la Germania, i capi di Stato degli allora 12 Paesi membri della Comunità europea – Belgio, Danimarca, Germania, Grecia, Spagna, Francia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Olanda, Portogallo e Regno Unito – si riunirono per sottoscrivere il trattato istitutivo dell’Unione Europea.

Definito, come recita il suo titolo primo, una nuova tappa nel processo di creazione di un'Unione sempre più stretta tra i popoli dell'Europa, in cui le decisioni siano prese il più vicino possibile ai cittadini, il Trattato è ricordato soprattutto per i requisiti economici e finanziari che gli Stati membri dovevano soddisfare per l’ingresso nell’Unione economica e monetaria.

Il trattato di Maastricht ha aperto infatti la strada all'introduzione della moneta unica, l’euro. Non solo, ha creato la Banca Centrale Europea (Bce) e l’Eurosistema delle banche centrali, fissandone gli obiettivi, tra cui la stabilità dei prezzi, cioè salvaguardare il valore della moneta unica. Il Trattato, infatti stabiliva formalmente tre fasi per l'Unione monetaria: introduzione della libertà di circolazione dei capitali entro fine 1993; tra 1994 e 1998 un aumento della cooperazione tra le banche centrali nazionali e un crescente allineamento delle politiche economiche degli Stati membri; dal 1999 in poi una graduale introduzione dell’euro, con l'attuazione di una politica monetaria unica, responsabilità della Bce.

Oggi a trent'anni da quella firma che ha sancito un importante traguardo per la storia europea, arrivano gli appelli della società civile, in particolare dell’ANGI – Associazione Nazionale Giovani Innovatori che, come punto di riferimento dell’innovazione in Italia, auspica, secondo anche le parole di Paolo Gentiloni Commissario europeo agli affari economici, che il 2022 si confermi come un anno cruciale per la riforma economica da approvare il prima possibile per la salvaguardia del benessere europeo e del nostro ecosistema paese. La sua attuazione, infatti, era stata sospesa nel marzo 2020, per consentire agli Stati di aumentare la spesa e far fronte alla pandemia di Covid-19. Ora il Patto, che senza interventi tornerebbe in vigore nel 2023, è in fase di revisione. L'Italia e la Francia, infatti, stanno già puntando dichiaratamente ad ammorbidire questi parametri per dare più spazio di manovra agli investimenti necessari a sostenere la crescita e a guidare la transizione ecologica e digitale.

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