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Martedì, 16 Aprile 2024
FotoGrammi

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A cura di Maria Carola Catalano

I malati di Alzheimer sospesi nel tempo di Gianluca Vitelli

Ricevo e pubblico il fotoprogetto "Alzheimer" di Gianluca Vitelli, fotografo fiorentino di appena 19 anni. Il lavoro è nato per caso durante un viaggio a Toronto, in Canada. Gli occhi dei malati ritratti parlano: i ricordi sono presenti nei loro sguardi, ma non riescono a prendere forma attraverso la parola. Gli anziani affetti da questa patologia perdono la memoria continuamente e vivono quindi, sospesi tra passato e presente, in una dimensione dove il tempo non solo non va avanti in modo lineare ma quasi svanisce insieme ai ricordi e tutto ricomincia ogni volta da capo. 

"Seguono un'illusione che loro di certo non hanno scelto di seguire, ma che gli è stata imposta dalla malattia", racconta il fotografo. Le sue foto vogliono dimostrare quanto le persone colpite da questa forma di demenza degenerativa abbiano voglia di vivere, di andare avanti nonostante il cervello faccia forza per tornare indietro costringendole a tornare bambini. 

Come nasce il progetto. "Luglio 2014, in una giornata qualsiasi, mio cugino (che mi ospitava durante il soggiorno) mi propone di andare a trovare suo padre, ricoverato in una clinica italiana per malati di Alzheimer situata verso la periferia della città. Decisi di portare con me anche la mia fedele macchina fotografica. Una volta entrati dalla porta principale, le mie orecchie iniziano ad udire delle voci infantili, ma non potevano certo esserci bambini ricoverati in quella clinica, ne ero sicuro", racconta Vitelli. Non erano bambini ma anziani affetti da questo morbo. Tra loro una signora con in braccio un bambolotto. "Diceva che quello era suo figlio, rimasi incredulo", continua Vitelli.

Mi guarda, mi scruta e inizia a parlare: "Hai visto quant'è bello il mio bambino?". Ed io, incredulo per la secondo volta nel giro di 10 secondi, con il dito sul click della fotocamera che mai aveva traballato così tanto fino a quel momento, dopo aver scattato la foto le dissi: "È bellissimo". Ed ecco i due scatti della signora con il bambolotto. 

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Più tardi Gianluca incontrerà lo zio.

"Si trovava su una sedia a prendere il caffè e credeva di essere in Italia, per l'esattezza a Pisticci, piccolo paese della Basilicata, insieme ai suoi coetanei, che dopo l'emigrazione in Canada non aveva più rivisto. Non lo avevo mai incontrato, per lui invece nella sua memoria io ero esistito, ci eravamo presentati. Anche lui, come tutti, mi guarda, con quello sguardo che va perdendosi nel cercare la vita, nel cercare quei ricordi che rimangono rannicchiati nella sua memoria. Ed ecco gli ultimi tre scatti". 

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Breve biografia di Vitelli. La passione per la fotografia nasce all'età di 15 anni, nel momento in cui un caro amico gli regala una piccola compatta, con la quale comincia a scattare. Poi arrivano le prime foto fatte su commissione, in discoteca, per racimolare qualche soldo e poter comprare così una nuova attrezzatura fotografica. "Sin da quando ho iniziato - conclude Vitelli - ho sempre visto la fotografia non tanto come un modo per poter esprimermi, ma piuttosto come uno stato d'animo. Quando scatto non penso nemmeno, scatto e basta. Amo il fatto che quell'istante, quello stato d'animo di chi ho davanti, di cui io mi impadronisco silenziosamente, venga impresso e fermato, per sempre. Ed è proprio da qui che nasce il progetto Alzheimer: dagli occhi dei malati ritratti emerge (o almeno spero emarga) la loro anima".

Gianluca Vitelli non è il primo a raccontare questa malattia. Prima di lui lo hanno fatto il fotografo olandese Alex ten Napel, il romano Fausto Podavini (che con il progetto MiRelLa si è guadagnato il primo premio sezione “Daily Life” del World Press Photo 2013) e altri. Uno scopo sembrerebbe accomunare i diversi lavori: catturare quella luce che ancora brilla negli occhi e che riesce a raccontare la persona che è stata e che ancora è quella davanti l’obiettivo.

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