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Giovedì, 28 Marzo 2024
Le affinità elettive

Le affinità elettive

A cura di Annalisa Terranova

Omaggio a Stifter, che raccontò la poesia delle “piccole cose”

Il 23 ottobre del 1805 nasceva in Boemia Adalbert Stifter. Uno scrittore poco conosciuto in Italia, purtroppo. La sua raccolta di favole edificanti per bambini, Pietre colorate, è deliziosa. Di essa fa parte una delle più belle favole di Natale mai composte, Cristallo di rocca. In questo breve racconto Corrado e Sanna, due bambini figli del calzolaio del paese, attraversano la montagna per recarsi dalla nonna, la vigilia di Natale, smarriscono al ritorno la strada, si perdono nel bianco terribile e sterminato dello scenario innevato, affrontano con cuore fiducioso la prova. Assistiti dalla magica forza luminosa della Notte Santa attraversano senza saperlo un ghiacciaio e un crepaccio sempre speranzosi che dalla montagna non può venire che vitale sicurezza.

Il capolavoro di Stifter, Tarda estate, si affida invece a una narrazione lenta e minuziosa che rende il lungo romanzo quasi inaccessibile al lettore contemporaneo multitasking. Grazie al catalogo Adelphi, molti dei suoi racconti lunghi sono stati tradotti in italiano. Poderosa è la sua pennellata lirica quando descrive un paesaggio di montagna (era anche un pittore, non a caso) e piena di significato la sua visione della natura ora come energia vivificante e quasi religiosa che rilassa lo spirito ora come minacciosa furia distruttrice. Solo nelle sue pagine si rintraccia la capacità letteraria profonda di uniformare lo stato d’animo dei personaggi all’ambiente circostante, nei cui dettagli - un bosco, un temporale, un sentiero di montagna, un albero da frutto - torna prepotente la filosofia organicista che vuole l’uomo strettamente collegato alla natura e capace di rifletterne l’ordine interno.

Stifter, rappresentante del cosiddetto realismo poetico, apprezzato dal drammaturgo Franz Grillparzer, era in realtà fermamente convinto che l’opera letteraria dovesse anche essere pedagogica. Un tratto che rende appunto i suoi racconti molto “ottocenteschi” senza però mai riuscire a rovinare del tutto la freschezza dei personaggi i quali solo piano piano, una pagina dopo l’altra, svelano al lettore il sottofondo di una coscienza inquieta insospettabile in quei quadretti ameni, pieni di fiori e di sole, in quei villaggi alpini, in quelle valli verdeggianti che fanno da sfondo alle vicende narrate.

Stifter fu il cantore delle “piccole cose”, delle minute azioni quotidiane che concorrono a rendere armoniosa una comunità, rafforzandone le abitudini e consolidandone le tradizioni. Nell’ambito della biblioterapia, potrebbe essere riscoperto e recuperato per fare dei suoi personaggi dei modelli terapeutici: essi, attraverso la contemplazione della natura e la conversazione, completano la loro spiritualità e la rivelano. Un percorso semplice e alla portata di tutti, lontano dalle spietate leggi dell’individualismo sociale. In pratica, leggere Stifter potrebbe rivelarsi più utile che rifugiarsi in un solitario agriturismo…

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