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Giovedì, 28 Marzo 2024
Le affinità elettive

Le affinità elettive

A cura di Annalisa Terranova

Come fuggire dalle chiacchiere sulla strage di Parigi

Non è obbligatorio parlare della tragedia del 13 novembre. Anzi in questo fluire di chiacchiere angosciate viene in mente l’apologo del maestro zen che durante un terremoto, mentre tutti fuggono, resta impassibile e attende. L’opposto dell’agitazione di noi occidentali, che ci accapigliamo inutilmente su Oriana Fallaci o sulla sorte di Assad o che soppesiamo le stragi e le paragoniamo tra loro, con oltraggiosa filosofia da tastiera: quella di Parigi vale di più delle mattanze di Boko Haram?

Non è obbligatorio fuggire da tutto ciò ma si può tentare, per imbattersi nell’ultimo elegante libro di Geminello Alvi, "Eccentrici" (Adelphi) dove tra le brevi biografie di personaggi fuori dal comune c’è anche quella di Shinsho Hanayama, erudito monaco buddista, che ebbe a che fare con le macerie, anche spirituali, della Seconda guerra mondiale. Lutti, morte, espiazioni, desolazione, disperazione.

Stabilì, Shinsho Hanayama, di prestare la sua opera di conforto presso il carcere di Sugamo, dove gli americani avevano rinchiuso la casta che aveva portato in guerra il Giappone. Parlò con generali, ministri, soldati, opponendo ai loro pensieri di guerra la consolazione della sapienza buddista. Custodì i loro scritti e li consegnò ai parenti “assieme con i ritagli delle unghie e delle ciocche dei capelli, come l’uso prescriveva”.

Con il capo di stato maggiore Hideki Tojo

“parlò della colossale statua del Buddha di Nara, alta quindici metri e fusa milleduecento anni fa in lega di bronzo e oro, pesante cinquecento tonnellate. Gli spiegò che quella statua non è chiamata grande per la sua mole. Ma perché quando il Buddha apparve in questo mondo ne apparve un altro nel mondo della luna, e in ognuno dei mondi che sono tra le stelle. Lo commosse dicendogli che la loro somma è il grande Buddha, e che quella statua fu fatta perché tutti se ne ricordassero. Poco prima che Hideki Tojo venisse impiccato, dissertarono con calma assieme sulle credenze degli indigeni della Siberia, i quali giudicano che tutte le cose vivano e che pure gli alberi piangano, respirino, tossiscano"

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