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Giovedì, 28 Marzo 2024
Le affinità elettive

Le affinità elettive

A cura di Annalisa Terranova

Ma chi è questo Odino? Così parlò il fascista di Benevento

Un anniversario passato sotto silenzio quello della morte di Eugenio Dollmann, l’interprete ufficiale a Roma dei nazisti, scomparso nel 1985, trent’anni fa, e seppellito in una tomba senza nome. Eppure le sue memorie, come spesso avviene con le fonti di questo tipo (diari, lettere private, appunti), sono una miniera di particolari che non sfigurerebbero nei siti di gossip, sui gerarchi del fascismo e sulle manie dei nibelungici esponenti del Terzo Reich. Dollmann, che non si macchiò di alcun crimine (anzi si adoperò presso il Vaticano per scongiurare il massacro delle Fosse Ardeatine), era un intellettuale innamorato della Roma papale e barocca, uno studioso del Rinascimento che al culto di Federico il Grande opponeva quello degli Asburgo (suo nonno era stato il medico personale dell’imperatrice Sissi) e si trovò testimone nel suo ruolo di interprete di momenti tragici della storia italiana ed europea. Li rievoca nelle sue memorie – “Un libero schiavo”, Cappelli, 1968 – non senza lasciarsi andare all’annotazione del dettaglio: ora i sandali dorati di Edda Mussolini Ciano al cocktail in suo onore in Vaticano ora il vestito da “piccola borghese” di Rachele Mussolini che lo convoca nel luglio del 1943 e gli dice: “Il conte Ciano tradirà mio marito, lei avvisi il signor Hitler”.  

Uno di questi episodi è particolarmente rivelatore della distanza abissale tra due popoli – l’italiano e il tedesco – pur costretti forzosamente al patto d’acciaio che si rivelò rovinoso per l’Italia. Racconta Dollmann che in occasione di un compleanno del capo della polizia Arturo Bocchini, Himmler inviò in dono una bella scatola che fu aperta in pompa magna, come se si trattasse del dono di un sovrano. Bene: dentro c’era una scatola più piccola e dentro di essa ancora un astuccio in pelle, il quale custodiva “un rozzo pezzo di legno” adagiato su una striscia di velluto. Nella lettera di accompagnamento Himmler spiegava che si trattava di un pezzo della corteccia della quercia di Wotan-Odino, albero sacro ai tedeschi. In qualità di interprete Dollmann doveva magnificare il regalo germanico invece ironizzò su di esso, approfittando dell’amicizia che lo legava a Arturo Bocchini. Il festeggiato, dopo le risate che accolsero la scoperta del misterioso contenuto della scatola di Himmler, domandò: “Ma chi era dunque questo signor Wotan?”. Non fu impressionato dalla dissertazione di Dollmann che seguì al suo interrogativo ma, da bravo superstizioso uomo del Sud (era nato a Benevento) accettò il dono come talismano anti-jella. Una festa di compleanno che segnò in modo plastico la differenza tra il gaudente fascista (che amava i pasti a base d’aragosta e vino di Borgogna) e il fanatico capo delle SS (che a una cena di pesce a Ostia, offerta dalla polizia italiana, non nascose la sua predilezione per una bella bistecca con mostarda). 

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Ma chi è questo Odino? Così parlò il fascista di Benevento

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