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Giovedì, 18 Aprile 2024
Le affinità elettive

Le affinità elettive

A cura di Annalisa Terranova

Italiani a tavola: quando la nazione si fonda sulle ricette

L’assalto di visitatori al Salone del gusto di Torino è solo l’ultimo, importante segnale di quanto gli italiani abbiano a cuore la buona tavola e la qualità dei cibi che in essa sono serviti. Un po’ di numeri per comprendere che il gusto non è stato abbattuto dalla crisi: sono 39 milioni gli italiani che frequentano abitualmente i ristoranti. Inoltre, con 76 miliardi di euro, su un totale di oltre 500, l'Italia è il terzo mercato europeo della ristorazione dopo Regno Unito e Spagna. Ancora, tra le nuove attività commerciali registrate nell’anno passato, vanno forte panetterie e gelaterie. Infine, non sarà un caso che le raccolte di fondi per sostenere gli sfollati del recente terremoto siano state organizzate all’insegna di una buona amatriciana.

Dunque è il cibo, la sua preparazione, la sua varietà, la sua storia culturale, a diventare nel nostro Paese uno dei fattori identitari irrinunciabili. Dinanzi a una cassata, a un piatto di orecchiette, a un brasato, a una fonduta, non c’è divisione che tenga. Gli italiani apprezzano, e mangiano a volontà. Il modo in cui le tradizioni culinarie regionali si sono fuse nell’unico filone aureo del gusto nazionale è esplorato nel libro Peccati di lingua (Rubbettino, pp. 404, euro 19), curato da Massimo Arcangeli, e che raccoglie cento voci su altrettante specialità gastronomiche che danno lustro al Bel Paese.

Un excursus insolito e curioso, che indaga l’etimologia, la storia, la diffusione, la giusta ricetta di ogni piatto con relative varianti di regione in regione. Non un libro di cucina, ma di storia. Si comincia dagli agnolotti, il cui nome deriva dal piemontese anulot (anellotti) e si finisce con la zeppola, frittella dolce preparata con diversi ingredienti a seconda della località ma famosa soprattutto a Napoli, dove il famoso cuoco Ippolito Cavalcanti così illustrava la ricetta nel suo trattato di cucina: “Miette ncoppa a lo ffuoco na cazzarola co meza carrafa d’acqua fresca , e no bicchiere de vino janco…”. Un libro utile a capire che spesso l’arte di arrangiarsi è alla base di pietanze che sono poi divenute famose in tutto il mondo. Prendiamo la pasta alla carbonara: non risale affatto all’Ottocento ma pare sia stata un lascito dell’arrivo a Roma delle truppe alleate (ciò spiega perché prima degli anni Cinquanta del Novecento non vi sono fonti in cui si faccia riferimento a questa ricetta). Una delle poche risorse disponibili a Roma alla fine della seconda guerra mondiale erano appunto le uova in polvere e il bacon, le razioni militari che i soldati americani distribuivano alla popolazione. Qualche genio ebbe l’idea di mescolare questi ingredienti dando vita, senza volerlo, alla carbonara.

Stessa origine umile anche per la piadina romagnola, celebrata da Giovanni Pascoli come “l’azimo antico degli eroi” già cantato da Virgilio nell’Eneide. Al contrario Giacomo Leopardi, che era molto goloso, dedicò versi di scherno alla minestra, che non le piaceva. Amava invece i dolci, anche se il suo piatto preferito erano “i tortellini di magro”. All’austera e poco gustosa minestra si rivolgeva così: “Ora tu sei, minestra, de’ versi miei l’oggetto/ e dir di abbominarti mi apporta un gran diletto/ ah, se potessi escluderti da tutti i regni interi/ sì certo lo farei, contento e volentieri”.

Ma dal passato non arrivano solo ricette povere che hanno goduto e godono di fama internazionale: ci sono anche cibi di nobile provenienza, come i biscotti savoiardi, a base di uova e zucchero, un’invenzione del cuoco di Amedeo VI conte di Savoia (1334-1383) per celebrare l’incontro tra questi e Carlo V di Francia.

Dolci, pasticci, salumi e altre delizie per il palato di cui è bene conoscere l’origine e l’influenza avuta nei secoli per non soccombere del tutto alle nuove mode del cibo globalizzato e standardizzato. In fondo è proprio la ricchezza e la vastità del gusto italiano il migliore antidoto alla “cattiva” tavola e al cibo spazzatura.

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