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Giovedì, 25 Aprile 2024
Leggere il mondo

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A cura di Chiara Cecchini

"Malefica luna d'agosto" di Cristina Guarducci

Il paesaggio selvaggio e misterioso della Maremma toscana, due famiglie fiorentine in lotta per un’eredità, i cui discendenti portano su di loro le stimmate di un destino orribile. Dopo l’esordio con  “Mitologia di famiglia”, Cristina Guarducci torna a raccontare a modo suo il lato oscuro della famiglia, costruendo una nuova allegoria nella quale trovano spazio ancora una volta personaggi segnati da un destino tragico che li rende diversi dagli altri, affetti stavolta da deformità demoniache, osservati con curiosità dall’innocente voce narrante, un po’ esclusa da questo cerchio magico così aristocratico a causa della sua «normalità borghese».

In “Malefica luna d’agosto” (Fazi) ritroviamo lo stile intelligente, elegante e ironico della Guarducci, la sua vena favolistica nuovamente al servizio di un racconto esistenziale nel quale la ferocia perversa del primo romanzo ha trovato qui una solarità allegra e stravagante. Un po’ Calvino, un po’ Gabriel Garcia Marquez, nel racconto della storia della famiglia Guastaldi c’è un po’ di tutto, tra realismo e magia, analisi psicologica e simbologia.

C’è Gaddo, orrendo ma fascinoso uomo pipistrello, incattivito e desideroso di riscatto, che però non può fare a meno di innamorarsi della bella e languida Donna Marisa, la quale grazie a lui e ai suoi amplessi focosi tra le nuvole scoprirà davvero l’amore che credeva di aver vissuto soltanto attraverso le proprie attenzioni per il marito Ugonotto, fratello intimorito di Gaddo, che ha provato in tutti i modi a sbarazzarsi di quell’ingombrante presenza, mentre lui ispira negli altri solo amore e ammirazione nonostante l’aspetto lombrichesco e poco attraente. Gaddo è tornato dall'esilio per rivendicare quello che è suo e che Ugonotto non ha lottato per riprendere, lasciando che il ramo cadetto della sua famiglia si impossessasse di terre e titoli.

I Guastaldi minori non hanno nulla della magnificenza e della straordinarietà che invece trasudano i membri dell’altra famiglia, affetti da una bellezza stupefacente che la deformità non può intaccare. Brutti, insignificanti, gretti, tirchi, con l’aria da borghesi arricchiti, essi sono la normalità, privati della grandiosa mostruosità che invece accomuna i Gustaldi maggiori. Dall’unione tra Ugonotto e Donna Marisa sono nati altrettanti “mostri”, dotati ciascuno di singolari caratteristiche “mostruose”, nel senso latino del termine. La bellezza della giovane, sfuggente e sensuale Laurina ha del prodigioso, come pure la sua capacità di vedere il futuro. Il fratello Giuliano, «bellissimo e violento», vive rinchiuso come un animale e come tale è trattato, finché non deciderà di scappare, imparando persino a giocare a golf e facendo scoprire l’amore alla zia inacidita e avida.

Sono loro la “razza eletta”, la tara ereditaria che avrebbe dovuto distruggerli li rende invece forti e dominanti, totalmente oltre la mediocrità umana, liberi di dare sfogo ai loro più violenti desideri, che il più delle volte si trasformano in incontri di sesso gioiosi e liberatori, senza che in fondo ci sia davvero contro di loro alcun biasimo, ma anzi sono guardati con comprensione, affetto e serena ammirazione.

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