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Giovedì, 25 Aprile 2024
LibeRIscatti

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A cura di Action Aid

Haiti 5 anni dopo: ripartire dopo il terremoto

Occorrono pochi minuti per stravolgere le vite delle persone. Ci vuole molto più tempo a rimetterle in ordine e a ricostruirle. Il 12 gennaio 2010 un terribile terremoto ha colpito l’isola di Haiti, distruggendo completamente la capitale Port-au-Prince e cambiando per sempre il destino dei suoi abitanti.

Immacula Jeanty è una dei sopravvissuti che ricorda ancora con paura gli attimi di quel giorno:

Ero fuori dalla mia casa a chiacchierare e giocare con i miei figli quando improvvisamente ho sentito un forte rumore. Ho visto le case cadere, ho preso i miei figli e sono scappata, giù dalla collina  mentre tutto intorno a me si sgretolava. La gente mi diceva di camminare in mezzo alla strada. La prima notte dopo il terremoto abbiamo dormito tutti quanti per strada, in terra. Dopo due o tre notti, mentre gli uomini costruivano dei rifugi di fortuna, ho avuto la febbre alta ma avevo solo una coperta con la quale coprirmi. Allora mi hanno detto -Immacula, non preoccuparti, andremo nella tua vecchia casa e prenderemo del legno per costruirti un rifugio- E così è stato. Purtroppo non ho più visto mio marito da quando è uscito di casa per andare al lavoro, il giorno del terremoto.

Come spesso accade in questi casi, la prima risposta  all’emergenza è venuta dalla gente. Lo staff di ActionAid presente ad Haiti racconta della tanta solidarietà di quei giorni in cui ognuno condivideva quel poco che aveva con gli altri. Anche le ONG dell’isola sono intervenute al fianco della popolazione ma, purtroppo, è stato il governo ad essere assente.

Concetti  che guidano l’azione di ActionAid sono quelli di trasparenza, responsabilità e partecipazione. Durante la prima fase di risposta all’emergenza, ActionAid ha assicurato che la comunità dell’isola fosse coinvolta in tutte le decisioni che la riguardavano. Insieme alle altre organizzazioni partner, come COZPAM, si è cercato di far sapere quali fondi fossero disponibili, quanti soldi erano richiesti, quanti ne venivano assegnati ad ogni attività prevista dai progetti di ricostruzione. 

Inizialmente, ActionAid ha distribuito tende alla popolazione rimasta senza casa ma questa misura si è rivelata troppo costosa. L’esigenza era quella di trovare una nuova abitazione per le persone, specialmente le più vulnerabili. 

L’organizzazione COZPAM, partner di ActionAid Haiti, spiega che la questione della terra sull’isola è una delle più complicate. Ci sono tante terre ma lo Stato non sa neanche quale siano di sua proprietà. Una parte di queste terre è in mano a quella che viene chiamata dagli abitanti “la borghesia”: spesso, queste persone non vivono neanche ad Haiti ma negli Stati Uniti, in Francia o in Canada mentre le loro terre giacciono inutilizzate. Non c’è stata, da parte dello Stato, un’indagine per capire come essi si siano appropriati della terra, se in maniera legale o illegale. Queste terre si potrebbero usare per coltivare o costruire scuole e ospedali. Invece sono semplicemente vuote.

Proprio in risposta alla sordità del governo haitiano alle richieste di aiuto di ActionAid e delle altre ONG partner nell’individuazione di terre edificabili, è nato il Je nan Je. Questa campagna, che trova l’appoggio di circa 800.000 persone, è nata nel 2011 per rispondere alla crisi abitativa di Haiti. Con centinaia di miglia di sopravvissuti al terremoto del 2010 che ancora vivono nelle tende, ActionAid e le altre ONG si sono unite per puntare l’attenzione sull’urgente bisogno per il governo di allocare terre per la ricostruzione delle case.

L’obiettivo del Je nan Je è anche quello di chiedere trasparenza nell’utilizzo dei fondi per la ricostruzione e di permettere alle persone colpite dal terremoto di condividere la loro esperienza e unire le proprie voci.

Nel gennaio 2011 c’è stata la prima grande manifestazione. Dopo diverse assemblee pubbliche, il governo ha risposto creando una commissione parlamentare finalizzata all’elaborazione di una legge che tuteli il diritto alla terra e alla casa. Ci sono stati anche altri progressi concreti: grazie alla spinta del Je nan Je, Marie-Charles Juste Luce,una sopravvissuta del campo di Mariani, ha sottoposto la questione abitativa al sindaco della località di Gressier che ha poi messo a disposizione delle terre per la costruzione di nuove case nel 2013.

Centosessanta famiglie hanno così potuto lasciare il campo tende e trovare una casa nel nuovo villaggio. Mancano ancora alcune infrastrutture che consentono di condurre una vita “normale” ma non appena si riusciranno ad avere nuovi fondi,  il villaggio costituirà non solo un esempio di luogo in cui vivere dignitosamente ma sarà il simbolo della rinascita per un’isola che ha saputo reagire.

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