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Giovedì, 28 Marzo 2024
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A cura di Action Aid

Quando il land grabbing bussa alla porta di casa

Nel cuore della Sardegna c’è un piccolo paese, in provincia di Oristano, dove i circa duemila abitanti hanno intrapreso una battaglia in difesa del proprio territorio. Come molte zone di quest’isola in parte ancora incontaminata, Narbolia unisce i cristallini colori del mare a quelli marcati della terra brulla delle montagne dell’entroterra sardo. 

Il legame con l’ambiente è quasi viscerale per gli abitanti di quest’isola che affascina e attira turisti da tutta Europa per via della bellezza della sua natura e delle tradizioni locali, sempre vive grazie alla cura e alla dedizione con le quali i suoi abitanti le portano avanti, per non abbandonarle all’oblio del tempo.

E’ in questo contesto che si verifica uno dei casi più evidenti di land grabbing in Italia. Questo fenomeno, letteralmente “l’accaparramento delle terre”, consiste in acquisizioni o concessioni di terra, in violazione di diritti umani fondamentali come quello al cibo, non basate sul consenso previo libero e informato di chi utilizza quella terra e con impatti negativi sui sistemi alimentari locali.

Nel 2012, l'azienda agricola "EnerVitaBio Santa Reparata", controllata del colosso cinese dell'energia solare Winsun Group, ha avviato la costruzione di un grande impianto di 1600 serre fotovoltaiche, su 64 ettari di terreni nella zona di Narbolia. La terra in questione, viene dunque usata per produrre principalmente energia e non prodotti agricoli, nonostante la normativa richieda una prevalenza della dimensione agronomica rispetto a quella energetica dell'investimento. 

L'intervento è stato fortemente contestato dagli abitanti del territorio, che hanno dato vita al Comitato "S'Arieddu per Narbolia", per chiedere la revoca delle autorizzazioni, la dismissione dell'impianto e la bonifica dei terreni. Il Comitato contesta gli impatti ambientali di questo investimento, la sua utilità per il territorio, il fatto che la Regione soddisfi la maggior parte del suo fabbisogno alimentare con le importazioni anziché promuovere il proprio settore agricolo, oltre alla mancata consultazione delle comunità locali sull’opportunità o meno dell’avvio di un tale progetto. 

Il Comitato, in particolare, si oppone all’investimento della EnerVitaBio Santa Reparata perché "priva un'area a forte vocazione agricola, di 64 ettari dei suoi migliori terreni coltivabili". Il Tribunale amministrativo regionale  ha riconosciuto la presenza di diversi vizi procedurali nell'investimento e nell'avvio dell'impianto. Il Consiglio di Stato si è riunito in udienza il 5 novembre ma si attende ancora la pronuncia. 

ActionAid si occupa del fenomeno del land grabbing sia livello nazionale che internazionale, schierandosi a favore delle popolazioni toccate da questo fenomeno e dei loro diritti. L’organizzazione ha prodotto, in particolare, due rapporti che illustrano vari casi di land grabbiong nel mondo. 

“Il grande furto della terra”, presenta alcuni casi studio che mostrano come gli accaparramenti di terra in Cambogia, Sierra Leone, e Senegal stiano causando trasferimenti forzati, violazioni dei diritti umani perdita di mezzi di sussistenza, crescente insicurezza alimentare e aumento della povertà. Nel nord del Senegal, 37 villaggi e una popolazione di 9mila persone fatta di pastori, piccoli allevatori, agricoltori, si stanno opponendo al progetto di investimento agricolo del gruppo Senhuile SA, una joint venture di proprietà del gruppo finanziario italiano Tampieri – che possiede il 51% della società e di Senéthanol SA che possiede il rimanente 49%. Il gruppo infatti, mediante una concessione governativa, ha ottenuto il diritto a produrre su 20.000 ettari di terra che costituiscono la principale fonte di sussistenza per le popolazioni locali, private del libero accesso a risorse fondamentali quali cibo, acqua, pascoli, legna.

Nell’ultimo rapporto dal titolo “E’ ora di agire: fermiamo il furto di terre in Tanzania da parte di EcoEnergy”, ActionAid racconta un nuovo caso di land grabbing che interessa le comunità contadine di Bagamoyo, distretto nordorientale della Tanzania, dove 1300 agricoltori  stanno subendo l’esproprio delle loro terre, per fare posto a piantagioni di canna da zucchero.  Il progetto è ideato e portato avanti dall’azienda svedese EcoEnergy, nell’ambito della Nuova Alleanza per la Sicurezza alimentare e la nutrizione e prevede lo sfruttamento di oltre 20mila ettari di terra, dati in locazione all’azienda dal Governo della Tanzania per i prossimi 99 anni. 

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