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Giovedì, 18 Aprile 2024
Lo sfasciacarrozze

Lo sfasciacarrozze

A cura di Diego Giorgi

Lettera ai figli di Berlusconi: o le scuse o siete complici

Quando ieri ho letto la frase di Berlusconi – “I miei figli dicono di sentirsi come dovevano sentirsi le famiglie ebree in Germania durante il regime di Hitler. Abbiamo davvero tutti addosso” – ho pensato ai capelli. Nel blocco numero 4 di Auschwitz la meccanica dell’annientamento, l’orrore scientifico, riposa dietro ad una teca di vetro, nelle tonnellate di capelli superstiti alla ritirata tedesca. Arruffati, sbiaditi, sono l’ultimo pezzo di vita di chi prima del gas è stato spogliato di tutto. Adorno disse: Dopo Auschwitz non è più possibile la poesia. E fece poesia.
E poi ci sono le parole di Primo Levi:

Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
Voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d'inverno.
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi

Mi chiedo come abbia potuto, onorevole Berlusconi, dire una tale bestialità. E farci propaganda politica, tirando in ballo la Vittima storica per eccellenza. E se è vero che i suoi figli l’hanno pensata, ditemi, cari signori: avete mai lavorato nel fango? Non conoscete la pace? Avete mai lottato per un pezzo di pane? Siete mai morti per un sì o per un no? Siete mai stati senza capelli e senza nome, senza più forza di ricordare? Questo, Marina, Pier Silvio, Barbara, Eleonora, Luigi, era Auschwitz. Questo era Hitler. Fate una cosa, il prima possibile: chiedete scusa per le parole di vostro padre. Oppure resterete complici di questa bestialità.

Delle scuse di vostro padre, invece, non so che farmene. Per sua coscienza, onorevole Berlusconi, meglio farebbe a chiedere scusa, ad uno ad uno, a tutti i capelli arruffati, stinti ma veri del blocco 4 di Auschwitz. E si ricordi, questa non è retorica spicciola. Questo è un muro, un confine. Chi lo oltrepassa non può tornare indietro pulito.  

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