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Venerdì, 19 Aprile 2024
Città conquistatrice

Città conquistatrice

A cura di Fabrizio Bottini

All'ultimo stadio

Nel millennio dell'urbanizzazione, forse sarebbe opportuno far davvero mente locale e cercare di comprendere che i movimenti sociali, ambientalisti, politici che si oppongono alle trasformazioni del territorio, dovrebbero più che altro mirare a certe qualità di urbanizzazione, anzichè contrastare genericamente (come spesso di fatto accade) qualsivoglia i forma di trasformazione urbana. La vera innovazione quando esiste è abbastanza rapida nelle reazioni a questo genere di ostacoli, e può abilmente rilanciare, lasciando con un palmo di naso l'opposizione nimby. Se ne sono accorti sulla propria pelle ad esempio nell'arco di pochissimi mesi gli ambientalisti e progressisti californiani, che avevano partecipato automaticamente al cosiddetto movimento no-Google, a ostacolare i pullman ad aria condizionata che trasportano i dipendenti dai nuovi quartieri urbani di San Francisco verso la Silicon Valley. Si diceva, forse giustamente, che quelle fermate di autobus per ricchi facessero impennare i valori immobiliari, rendessero ancora più inaccessibili le case in affitto ai ceti medi, figuriamoci a quelli operai. Ma non bisogna prendersela coi simboli sbagliati, e infatti rapidamente il movimento si è sgonfiato, e le istanze giuste che lo componevano si sono ritrovate più isolate di prima.

Qualcosa del genere potrebbe succedere al tipo di opposizione abbastanza tradizionalmente pregiudiziale che sembrano incontrare i progetti di stadi in Italia, ultimi due quelli di Roma e Milano. Cosa nota è che questo genere di attrezzature vorrebbe ripensarsi sia nelle dimensioni relative che nella qualità dell'offerta, un po' meno esclusivamente enorme arena viva solo qualche ora la settimana, un po' più nodo multi-funzione e aperto alla città. Certo, ci sono poi tutti i problemi legati ai contesti e ai singoli progetti da mettere nel conto. Nel caso di Roma in sostanza la polemica sembra nascere dalla scelta dell'area, di nuova urbanizzazione in una zona ambientalmente sensibile. Mentre a Milano pur trattandosi di un intervento di riqualificazione (un progetto di ri-riuso di una antica zona industriale) il problema è quello più classico delle resistenze degli abitanti a vedersi invaso il quartiere da traffico, congestione, e relativo degrado. Come si capisce però, in realtà non ci sarebbero affatto i presupposti per opporsi ai progetti di trasformazione urbana in sé e per sé: risolte in qualche perfettibile modo da un lato la questione ambientale e localizzativa, dall'altro quella del carico di traffico, arricchire di funzioni il nucleo urbano centrale dovrebbe essere interesse di tutti.

Se infatti la crescita delle città è un fatto irreversibile, quel che si può e si deve fare e orientare questa crescita in modo sostenibile, a impatti ridotti, privilegiando le qualità anzichè le quantità. Tra i vari slogan dichiarati o praticati (con più o meno coerenza) negli ultimi tempi ci sono la multifunzionalità o mixed-use, le sinergie fra strutture fisiche e immateriali riassunte nel concetto di smart city, la ricerca di un equilibrio ottimale tra spazi e flussi, che si realizza utilizzando le medesime strutture, magari con una frequenza di pubblico on assoluto identica, per periodi molto più prolungati, evitando il sovraccarico da congestione e le ore morte. Complessi che insieme all'arena sportiva a fungere da “ancora” ospitano anche commercio, servizi, residenza e/o accoglienza, rispondono ad alcuni di questi requisiti. La stessa riduzione della capienza di spettatori, pensando a una fruizione composta anche mediatica, va nella stessa direzione di altri flussi urbani smaterializzati, dallo e-commerce al telelavoro. E nell'insieme, a differenza della tradizionale cattedrale dello sport, questi poli si possono integrare molto meglio da parecchi punti di vista, coi quartieri e i settori urbani in cui vengono collocati. Questo naturalmente non per dire che comitati e gruppi debbano iniziare a pensare ad altro, accettando a scatola chiusa i progetti delle società proponenti. Certo c'è ancora tantissimo da dire, e in alcuni casi probabilmente quei progetti sono da respingere al mittente, ma in teoria l'orientamento è davvero quello della “sostenibilità”, concetto vago, ma di solito auspicabile.

Su La Città Conquistatrice numerosi articoli sui progetti di riqualificazione urbana e densificazione dei quartieri

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