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Venerdì, 29 Marzo 2024
Città conquistatrice

Città conquistatrice

A cura di Fabrizio Bottini

La destra urbana a sua insaputa

Leggo da qualche parte il post in cui un politico molto in vista e con una immagine molto "di sinistra" partecipa a un dibattito pubblico dedicato ai temi urbani, organizzato da un suo amico architetto, anche in questo caso con una immagine pubblica molto "di sinistra". Ottima cosa, penso in un primo tempo: non solo la legittima promozione della propria faccia al pubblico dei potenziali elettori, ma una occasione culturale forse più ricca di spunti di quella classica della presentazione di un libro, per parlare di temi collettivi, pubblici, di governo. Oggetto dell'evento è un progetto molto famoso e premiato dell'amico architetto, proposto già dal titolo sul manifesto come "prototipo" della nuova città. Ma proprio qui per così dire casca l'asino.

Giusto per caso avevo visto, non molto tempo prima, una inserzione pubblicitaria immobiliare, dove si offriva in vendita un appartamento dentro quel prototipo di nuova città sostenibile e verde, a un prezzo al metro quadrato triplo o quadruplo rispetto alle già ragguardevoli quotazioni medie. Certo, la sappiamo tutti che gli affari sono affari, che al giorno d'oggi fare troppo i difficili non serve a nulla, che senza soldi non si va da nessuna parte. E però nulla mi leva dalla testa che con l'idea di sinistra, l'idea di qualunque sinistra, quel prototipo c'entra come i cavoli a merenda, e se l'architetto fa benissimo a usare le sue strategie comunicative per promuovere i progetti, probabilmente il politico dovrebbe usare qualche cautela in più.

Del resto non è la prima volta, che in tempi recenti si fa una notevole, eccessiva confusione fra ciò che superficialmente piace, e ciò che sarebbe ragionevolmente auspicabile per una città e una società. Complice una cultura dell'immagine che non lascia molto spazio a ciò che va oltre la superficie delle cose, anche certe idee di "sinistra" finiscono per riassumersi in modesti slogan che al massimo connotano la categoria del "carino", del vagamente condivisibile, anche se poi a ben vedere ci sarebbero montagne di riserve da sollevare. Prendiamo anche certi casi internazionali notissimi e macroscopici, come la New York dell'amministrazione di Micheal Bloomberg o la Londra governata da Boris Johnson: entrambi amministratori più o meno dichiaratamente di centrodestra, politicamente e materialmente sostenuti da forze tradizionalmente conservatrici, si sono chissà perché in tutto o in parte guadagnati un'aura di progressismo nel segno del «verde» e dell'efficienza. Come se mettere delle piante (spesso sostituendo il verde pubblico tradizionale con innovativi, tecnologici, ma semi-privati impianti) in città fosse di per sé progressista, giusto perché carino. Come se promuovere la ciclabilità, le biciclette griffate e sponsorizzate, magari svolazzanti su rampe sopraelevate sopra il traffico delle auto, di per sé avesse qualche valore di sinistra.

E soprattutto come se, dietro quel grazioso ma piuttosto risibile paravento di arredi urbani, fioriere ben curate, nuova scintillante edilizia firmata, non proseguisse più odiosa che mai quella militarizzazione della sicurezza secondo il principio di destra della "finestra rotta", o la gentrificazione speculativa di immensi quartieri con espulsione degli abitanti verso sterminate e sempre più orribili periferie. Periferie dove invece di politiche sociali le amministrazioni di questa destra new-age griffata di solito immaginano interventi di altri amici architetti, per migliorare il look e magari promuovere altre invasioni di abitanti a reddito più alto. Che ci sarà mai di progressista, di sinistra, nel promettere genericamente a tutti un futuro di maggior benessere economico, così da potersi comprare le carinerie urbane oggi appannaggio di pochi fortunati? Non c'è nulla, perché questa è da sempre la legittima promessa della cultura liberale, legittima ma notoriamente disattesa da parecchie generazioni, visto che in quella logica le città continuano a crescere con piccoli fortificati quartieri scintillanti, circondati dal grigio depresso di tutto il resto.

C'è un bello schizzo di un architetto novecentesco abbastanza noto (forse più noto di quello contemporaneo citato all'inizio), dove mezzo secolo fa in pochi tratti si riassumeva un'idea di metropoli. Su una linea verticale con abbozzato un classico "skyline" cittadino, vengono disegnate delle linee di forza, semplici freccette colorate che però "distribuiscono valori". Valori edilizi e sociali del centro che vanno in periferia, verde che scende dalle fioriere di qualche condominio di lusso a ravvivare le aiuole spelacchiate, e concettualmente anche un po' di reddito che si redistribuisce. Certo, mezzo secolo fa quando si parlava di "sinistra" si sapeva, più o meno, quel che si diceva. Ma anche oggi porsi certe domande, trattando di prototipi per la città del futuro, sarebbe utile, anzi indispensabile.

Sul blog La Città Conquistatrice la progettazione architettonica con le sue tante ideologie e frequenti confusioni di prospettiva, è oggetto di numerosi articoli

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