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Venerdì, 29 Marzo 2024
Città conquistatrice

Città conquistatrice

A cura di Fabrizio Bottini

Attenzione a non far odiare le biciclette più delle auto

L'assessore milanese alla mobilità ha scelto un modello di comunicazione da padre di famiglia, o cugino appena tornato dalle vacanze che ti mostra qualcosa al tavolino del bar. Seduto davanti a una telecamera che pare (pare) appoggiata lì per caso, nella breve clip postata sul suo profilo social ci racconta come sono state concepite le nuove «piste ciclabili della Fase Due» di ripresa delle attività economiche dopo la quarantena da virus e l'attenuarsi dello «state tutti a casa». Mantenere le distanze di sicurezza sui mezzi di trasporto collettivi significa ridurne di anche tre quarti la capienza, ovvero lasciare in sospeso il 75% dei potenziali passeggeri: cosa sceglierà di fare tutta quella gente. Una certa quota si potrebbe diluire nel tempo, spalmando l'ora di punta metropolitana fino tendenzialmente ad eliminarla, sia attraverso l'elasticità soggettiva dei tempi personali, sia scaglionando gli orari delle attività che producono quei flussi. Ma almeno sui tempi immediati moltissimi spostamenti potrebbero di colpo spostarsi sulla soluzione individuale, rovesciando per le strade le schegge impazzite di un flusso prima in qualche modo governabile. E che deve essere oggi ri-governato secondo diversi criteri, di cui uno è quanto negli Stati Uniti si chiama coerentemente «Complete Streets». Ovvero concepire lo spazio pubblico della mobilità come tale, «completo» nel senso di rivolto indistintamente a tutti i soggetti utenti, via dimezzo tra la strada ad orientamento monopolista automobilistico novecentesca, e lo spazio condiviso dell'ingegnere olandese Hans Monderman.

Naturalmente l'assessore milanese davanti al suo ideale caminetto social, non ce la racconta così, perché si limita a descrivere un intervento tecnico specifico apparentemente leggero di tracciamento strisce ciclabili «senza cordolo» ovvero a pura segnaletica orizzontale. Parlando l'assessore mostra degli schizzi e tavole su un quadernetto, da cui man mano sfoglia le pagine si vede molto chiaramente la modifica della sezione stradale: c'è l'affaccio degli edifici col marciapiede, poi il tracciato della pista ciclabile vera e propria, una stretta ma definita striscia di interposizione pedonale, le piazzole di parcheggio dei veicoli a bordo carreggiata, e poi la carreggiata vera e propria per quelli in movimento. Ma l'osservatore in qualche modo e da qualche prospettiva attento non può fare a meno di cogliere l'oggettivo restringimento della carreggiata di flussi: meno capacità di carico, e meno discrezionalità di sosta ufficiosa (comunque la si voglia definire). Ecco come la racconta un ovvio esponente del partito trasversale dell'auto in un commento a caldo su Facebook: «Le nuove piste ciclabili che si stanno realizzando eliminano parcheggi e restringono le carreggiate, sfruttando l'emergenza Coronavirus per rilanciare l'insensato obiettivo della completa paralisi del traffico in città. Sindaco e Assessori dimostrino di essere coerenti e rinuncino subito alle auto di servizio con autista del Comune». E a parte alcune sfumature in fondo questo signore ha qualche ragione.

Si sta oggettivamente «togliendo spazio» alle auto per darne ad altri, e segnatamente alla distanza di sicurezza, tra pedoni e pedoni, tra ciclisti e ciclisti, tra ciclisti e auto. Ma se facendolo si sottrae la totale discrezionalità degli automobilisti ad occupare come e quanto si desidera tutto lo spazio urbano, questo secondo l'interpretazione faziosa diventa «paralisi del traffico», perché di tutto si legge soltanto la parte repressiva, non quella ampiamente propositiva, che le libertà di movimento le promuove anziché restringerle. Insomma chi si sente penalizzato e offeso l'eventuale sadismo nei suoi confronti deve inventarselo, interpretando quei disegni a modo proprio. Ma lui, e tanti altri che non hanno (ancora) reagito come lui, avrebbero campo assai più libero se la comunicazione prevalente del medesimo progetto fosse dei tipo caro a gran parte delle «associazioni ambientaliste» tematiche e cicliste. Le quali a differenza dell'assessore partono esattamente delle medesime premesse repressive, alla lettera: ««Le nuove piste ciclabili che si stanno realizzando eliminano parcheggi e restringono le carreggiate, sfruttando l'emergenza Coronavirus». Errore clamoroso, ma che si ripete puntuale da parte di chi pare più attento a combattere nemici che a trovarsi amici e alleati, o a contrastare il male invece di promuovere il meglio. Presentando la propria verità in termini di prendere o lasciare, buoni per chi ha istinti integralisti, molto meno buoni per la gran maggioranza dei cittadini.

La Città Conquistatrice – Covid-19

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