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Martedì, 16 Aprile 2024
Città conquistatrice

Città conquistatrice

A cura di Fabrizio Bottini

If you build it they will come

Quando arriva alla cassa per pagare la spesa il ragazzo è ancora così incazzato da prendersela anche con l'addetto che gli chiede una precisazione: chiaro che si senta offeso forse addirittura oggetto di discriminazione razziale in quel supermercato di periferia. Dove era entrato tranquillo fiducioso in cerca di bibite gasate e focacce per la pausa pranzo, solo per essere prima inseguito poi bruscamente bloccato in mezzo alla scansia della verdura. Difficile spiegargli così al volo, al lordo delle difficoltà linguistiche ed evidentemente culturali-trasportistiche, che nessuno ce l'ha personalmente con lui: solo dentro il negozio ci si muove camminando, spingendo un carrello, non sfrecciando sul monopattino elettrico come faceva lui, convinto che in assenza di barriere fisiche alla libera circolazione (la porta a soffietto con lo scivolo di collegamento al parcheggio lascerebbe quasi passare un'automobile se non fosse per il chiosco dei legumi secchi) è ovvio che lì il concetto europeo di «pedone accelerato» si applica alla grande a pattinatori, skaters, ciclisti e piccole propulsioni elettriche come la sua. E noi restiamo a domandarci se ci ha davvero pensato, il progettista di quel passaggio e di quegli ariosi spazi interni di scansie e incroci, a quanto appaiano accoglienti per tutti questi «portatori di carrello trasporti umani» non tanto dissimile da quello della spesa.

E del resto la medesima domanda ce la poniamo in termini analoghi anche quando di traverso sulla porta a soffietto ci troviamo il tipico anziano in auto che fuma in attesa della moglie, convinto che essendo più comodo per lui mettersi lì invece che nella contrassegnata piazzola libera a due metri di distanza, nessuno possa impedirglielo, compreso il guardiano che in fatti di solito non batte ciglio (e ripeterà l'operazione nel fine settimana con le proprie auto e moglie). Solo certe regole sociali e di comportamento, prima indotte e poi un po' forzate se necessario, garantiscono di solito tutela da questi abusi, che però non paiono affatto tali a chi li mette in atto: c'è spazio libero accessibile perché non impossessarsene per i fatti propri? E se per la generica invasione privata dell'ambito pubblico (poniamo: certi invadenti usi del verde per eterne partite o smisurati picnic con fuochi e musiche da sagra patronale) col veicolo c'è la scusa aggiunta dell'essere per definizione di passaggio, provvisori, sul punto di andarsene. Occorre si verifichi qualcosa di davvero grave perché ci si accorga dell'abuso e della sua assurdità, come nel recente caso di un comune della cintura milanese dove ha perso la vita un bambino, investito da un'auto che gli è letteralmente cascata in testa dal nulla.

Più precisamente, il veicolo guidato dal solito scriteriato con l'unica idea «se ci passo perché non ci devo entrare?» è scivolato giù da uno di quei monticelli di terra con in cima le panchine caratteristici di tanto verde pubblico urbano, su cui si era inopinatamente arrampicato provocando una piccola frana. E il ragionamento, si noti, è quello eterno che sta a premessa di milioni di abusi quotidiani più o meno vistosi, dalla fermata davanti alle porte a soffietto del supermercato, alla sosta di traverso sullo scivolo del marciapiede o a bloccare totalmente un passaggio, all'acrobazia su sentieri montani, alzaie di canali, piste ciclabili in zona agricola, solo per arrivare esattamente accanto al punto in cui il pescatore della domenica getterà l'amo: impensabile farsi qualche decina di metri a piedi magari rinunciando allo stereo o alle casse di birra a portata di mano. E d'altra parte chi ha progettato e costruito quelle strutture, in qualche misura magari inconsapevolmente le stava proprio pensando per quello scopo, diciamo non escludendolo del tutto. Ragionando per automatismi tecnico-burocratici, o per colpevole omissione. Certo pare esagerato incolpare dei giardinieri o dei geometri comunali di percorsi che dovrebbero essere solo rigorosamente pedonali-ciclabili, e dove invece arrivano automobili assassine. Ma qualche ragionamento sullo slogan «If you build it they will come» usato come titolo parrebbe urgente.

La Città Conquistatrice – Automobili

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