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Venerdì, 29 Marzo 2024
Città conquistatrice

Città conquistatrice

A cura di Fabrizio Bottini

Caccia grossa nell'autunno padano

Stanno facendo pressione sul governo, i padani, mentre tutti seguono invece le loro sparate horror-folkloristiche sui migranti, per avere i soldi delle nuove autostrade. Eppure già ce ne sarebbero fin troppe tra le Alpi e gli Appennini, cantieri lasciati a metà, tronconi mozzi, pasticci orrendi che nemmeno la Salerno-Reggio delle leggende. Tra un po' con le piogge si allagherà tutto, ma ci penseranno i notiziari a spiegare l'emergenza eterna.

Parafrasando la famosa frase di Blade Runner: «Non ho mai visto cose che voi umani trovereste banali, persino un po’ noiose» racconterebbe un replicante nella padania devastata dal cambiamento climatico, diciamo fra una generazione. Certo, lui non le aveva mai viste perché programmato sulla cultura dominante. Quelli convinti anche magari a propria insaputa che senza «sviluppo del territorio» non si può campare. Si avvicina l'autunno con le ovvie immancabili piogge, che i media hanno già deciso di ribattezzare sempre «bombe d'acqua», perché fanno sempre l'effetto di una bomba, come se davvero cascassero giù improvvise, e non banali prevedibili gocce d'autunno. Ma non si può riconoscere il disastro, esporre in pubblico la nudità del Re, e allora almeno nel linguaggio si finge stupore e disorientamento, sperando che torni il sole e si possa riprendere a fare sciocchezze.

Appena spunta il primo raggio, la bomba d'acqua è dimenticata, gli allagamenti da impermeabilizzazione del suolo diventano magari una scusa per altre, nuove opere, e via una bella autostrada, un polo logistico, la rete in crescita dei grandi nodi commerciali, per servire le nuove lottizzazioni, che crescono grazie alla grande accessibilità autostradale ... Il modello non si discute, ineluttabile, al massimo si contrattano i dettagli, le cosiddette compatibilizzazioni. L'opposizione, quei piccoli tizi locali con la fascia tricolore schierati contro il nastro d'asfalto e che espongono cartelli contro la «cementificazione», non hanno mai davvero da proporre qualcosa che vada oltre un NON QUI, e infatti in genere basta spostarsi DA QUI A LI, o aspettare che si elegga un nuovo tizio con fascia tricolore più malleabile. Questione di tempo.

Perché chi decide tutto sa che tutto si tiene, anche la vita quotidiana di quei tizi schierati per il NO sarebbe sostanzialmente impossibile, e loro non riescono a proporre un modello alternativo, magari non ci hanno mai neppure pensato, e di certo i loro partiti di riferimento non si occupano della questione, presi dalla contabilità domestica. Così lo «sviluppo del territorio» automobilistico e sprecone prosegue verso nuove frontiere, fino alla demenza dell’esurbio, promosso dai pataccari della cosiddetta città infinita (adesso pare abbiano deciso di cambiare nome perché si era logorato) crescita senza fine della rendita immobiliare. Esurbio, ovvero secondo la classificazione scientifica internazionale residenze e altro che stanno a un paio d’ore di macchina o più dalla metropoli. Sta là, immerso nel verde al punto che sembra davvero campagna. Ma non lo è. Come si capisce? Facile: guardando il contachilometri, l’orologio, e il finestrino.

Il contachilometri sgrana distanze semi-siderali per uno spostamento quasi quotidiano e obbligatoriamente in auto. L’orologio segna tempi dall’ora e mezza in su. Il finestrino, per tutto il tempo, mostra asfalto, cemento, un po’ di verde. Anche trattori, ma soprattutto altre auto che vanno e vengono. È da lì che si dovrebbe capire il disastro incombente: ogni auto vuol dire nuove strade, e poi poli logistici, centri commerciali, lottizzazioni. Fin quando non ci saranno più neanche le lacrime nella pioggia. Non so se saremo tutti morti, allora, ma di sicuro sarà finito il mandato degli attuali presidenti di Regione. Forse è per questo che sono tanto entusiasti dello “sviluppo del territorio”: l’eternità finisce col mandato. Per loro. Qualcuno è in ascolto?

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