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Sabato, 20 Aprile 2024
Città conquistatrice

Città conquistatrice

A cura di Fabrizio Bottini

Casa popolare e libero sviluppo sociale

Tra le critiche principali che si rivolgono all'idea di città meccanico-razionale del modernismo architettonico disceso direttamente dalle avanguardie artistiche del '900 c'è quella di avere un progetto sociale bocciato dalla storia. Riassumendo per sommi capi, quel tipo di alloggi, complessi edilizi, quartieri e interi settori urbani ancora prevalenti e vistosi in tante nostre metropoli, sono una proposta di integrazione della società ex contadina tradizionale rurale paternalista, a un modello industriale di famiglie nucleari il cui spazio-tempo si scandisce nell'abitare, lavorare, riprodursi-riprodurre energie, consumare beni servizi ambiente, e riprendere. Non vale la pena dilungarsi più di tanto sul modello generale, visto che dal periodo tra le due guerre mondiali e ben oltre la ricostruzione post bellica si sono accumulati manuali, studi, politiche e pratiche che quell'idea la espongono benissimo, anche in forma diagrammatica come nella Carta d'Atene, Prequel e Sequel inclusi. La cosa che qui si vorrebbe sottolineare però è che in tutto lo schematismo a volte in tutte le contraddizioni, dallo Existenzminimum degli alloggi operai alle Unità di Vicinato moderniste progettate col regolo e il compasso dei raggi di influenza, agli studi sui servizi indispensabili o voluttuari e relativi standard, esiste quanto meno quella idea di riferimento: una famiglia replicata infinite volte che auspica di inserirsi dentro l'organigramma Live-Work-Shop, diramazioni etico-politiche incluse.

La ragione della «crisi urbana» si può leggere proprio in quella ispirazione: fallita, non corrispondente a realtà, o tradita dal contesto esterno che non era quanto creduto dai progettisti e esecutori di politiche. Le famiglie, gli individui, il progetto esistenziale, quello di integrazione socioeconomica del neo-urbanizzato operaio o neo-Middle Class, dentro quegli spazi-tempi ci stavano troppo larghi, troppo stretti, o non ci stavano affatto. E non a caso tutta la cosiddetta «questione periferie» trova poi la massima visibilità e una certa urgenza di risposta in quella discrasia tra domanda e offerta: ho concepito un contenitore per plasmare qualcosa che invece è cresciuto in un'altra forma; se poteva farcela da solo ha risolto in qualche modo il problema andandosene da lì, se non ci riusciva è rimasto ad alimentare nuove successive crisi che si avvitano una sull'altra senza sbocco. Il che ci porta direttamente dentro l'oggetto la cui obsolescenza segnò ufficialmente già negli anni '70 la «Morte dell'Architettura Moderna» e la reazione conservatrice montante, sia delle forme esterne che del progetto sociale. Ma ahimè continuando a conservare chissà perché il medesimo organigramma modernista di prima anche senza rendersene conto.

Il caseggiato-alloggio popolare (anche quello borghese in realtà ma non ci stiamo focalizzando su quello) viene concepito ancora nel medesimo stile condominiale paleonovecentesco, specie nella rigidità dell'offerta, come se implicitamente organizzazioni individuali-familiari a mille miglia da quelle operaio-europee avanguardistico-fordiste di riferimento originario, dovessero volenti o nolenti adattarcisi. Mentre è ovvio che non lo fanno, non l'hanno mai fatto prima e anche volendo non ci riescono. Non sarebbe il caso di esprimere una diversa e più adeguata concezione di base dell'idea di «casa»? E non, come pure si usa tanto, criticandone via via la natura economica di merce, di alimentatore dei meccanismi della rendita, oppure della società di proprietari liberale versus quella egualitaria socialista, che pure è oggetto di dibattito ma ci porterebbe lontano dal tema. Solo, recuperando aggiornato il medesimo spirito dello Existenzminimum, come ha già fatto per motivi analoghi il libero mercato anche speculativo: un modello residenziale che risponde ai bisogni minimi essenziali dell'individuo, dall'igiene alla privacy, lasciando che il resto si possa sviluppare e adeguare nello spazio collettivo e pubblico del quartiere e della città. E se questo richiede di sollevare le obiezioni dei reazionari familisti di ogni razza e religione, ben venga. Le risposte stanno già implicite nel ragionamento preliminare.

La Città Conquistatrice – Case economiche e Periferie

Casa popolare e libero sviluppo sociale

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