rotate-mobile
Mercoledì, 24 Aprile 2024
Città conquistatrice

Città conquistatrice

A cura di Fabrizio Bottini

Per fare la città grande ci vuole l'alloggio piccolo

In principio ci sono due concetti quantitativi ingegneristici: il teutonico claustrofobico «Existenzminimum» e l'arioso arcadico anglosassone «Twelve Per Acre». Dal punto di vista filosofico e filologico nulla di più lontano socio-urbanisticamente parlando. Il termine tedesco si riferisce molto modernisticamente e con criteri di efficienza ergonomica al soddisfare le esigenze primarie dell'esistenza (per esempio un salario minimo un minimo di salute e benessere materiale e spirituale …). E applicato alla casa-alloggio in cui si abita dagli anni '20 del secolo scorso tende ad equilibrare e ridurre il rapporto tra consumo di risorse energetiche spaziali umane e benefici per l'individuo e la comunità. L'immagine popolare dell'Existenzminmum è quella del microappartamento tecnologicamente attrezzato, anche del tipo caricaturale «Monolocale: Taaac!» dentro cui si insedia Artemio il Ragazzo di Campagna di Renato Pozzetto appena sbarcato nella metropoli in trattore. Proprio l'idea del campagnolo abituato a respirare aria aperta ben diversa da quella degli stipetti multiuso, ci introduce all'altro concetto citato del Twelve per Acre, teorizzato dall'architetto-urbanista Raymond Unwin nei suoi studi sui cottage a cavallo tra XIX e XX secolo e diventato poi la formula fondativa della Città Giardino.

Alla lettera dodici per acro, in metrico decimale trenta per ettaro, sarebbe la densità socio-edilizia ideale per conseguire gli ideali di riforma e benessere fissati dal socialismo e poi comunemente almeno superficialmente accettati dalle altre parti politiche: salute, efficienza, stabilità, relazioni, produzione, giustizia, mercato. Ovvero in sintesi le Tre Calamite con cui il progetto sostanzialmente sociale chiamato Città Giardino transustanzia velocemente in concetto urbanistico di ambiguo indirizzo politico. La cosa che più ci interessa qui, però, è notare quanto entrambe le immagini, quella sarcastica del «Monolocale Taaaac!» di Artemio. e quella arcadica da ufficio vendite suburbano del «Paradiso immerso nel verde a quindici minuti di auto dal centro», in fondo seguano criteri molto simili e sovrapponibili. Perché? Perché gli Alloggi distribuiti in cottage o appartamenti alla densità di Dodici per Acro o Trenta all'Ettaro nessuno al mondo li ha mai definiti a prescindere nelle forme e dimensioni. Certo Unwin pensava al villino tradizionale britannico discendente di quello inventato da proprietari fondiari o speculatori edilizi urbani per la propria clientela borghese o proletaria. E altrettanto certamente i progettisti dei Congressi Internazionali di Architettura Moderna pensavano a qualche prototipo pilota da esposizione internazionale abitato da Modulor impegnati in un Balletto Meccanico Domestico. Ma tutto si tiene e si può tenere.

Da ragionamenti paralleli magari inconsapevolmente uguali-diversi l'amministrazione cittadina liberal-riformista di New York guidata dall'indipendente Michael Bloomberg ha prodotto una decina d'anni fa, complice la planner-socialite Amanda Burden, i cosiddetti «Micro-Appartamenti». Risposta rigidamente di mercato alla micro-domanda (intesa come disponibilità di risorse finanziarie) dei Millennials Artemio arrivati nella grande città dalla sterminata Suburbia. Arrivati senza trattore e certamente cantando alla Frank Sinatra «Start planning the news. I'm leavin' today. I Wanna be a part of it». E disposti a partire da una parte davvero piccolina, una particella, una scheggia. Tutto ciò che riescono a permettersi. Ma a differenza dei loro virtuali progenitori immigrati lumpen-proletari via Ellis Island, questi Millennial rappresentanti della Classe Creativa non possono accedere al mercato nero dei micro-appartamenti di fatto fuori legge (questo sono alloggi pensati per due persone ma abitati da venti). E trovano nella deroga alle norme urbanistiche sulle dimensioni minime delle case, prima eccezionale e provvisoria poi assolutamente raccomandata come definitiva da importanti studi e ricerche di Enti e Associazioni di settore, una prima risposta pubblica. Una risposta soprattutto urbana-urbanistica visto che prova a rivolgersi all'insieme della città. E che potrebbe, dovrebbe, articolarsi di più «a sinistra», oltre i proclami e le grida di protesta contro non si capisce bene chi.

Vedi anche: Mark Ginsberg, J. Russell Beaumont, Micro è Bello: Existenzminimum di mercato del terzo millennio

Si parla di

Per fare la città grande ci vuole l'alloggio piccolo

Today è in caricamento