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Martedì, 16 Aprile 2024
Città conquistatrice

Città conquistatrice

A cura di Fabrizio Bottini

Che suolo si consuma

Tra le parecchie svolte socioeconomiche accelerate se non determinate dalla pandemia, non poteva mancare l'auspicio che finalmente si arrivi ad approvare una Legge Nazionale sul Contenimento del Consumo di Suolo. Legge che parrebbe più che mai urgente anche a fronte di altri provvedimenti egualmente strategici e di modernizzazione del Paese, che però inevitabilmente comportano infrastrutturazioni e trasformazioni spaziali di solito a forte rischio proprio nel senso di sottrarre superfici, addirittura aumentando il ritmo che lo scorso anno è stato rilevato in due metri quadrati al secondo. Ma di nuovo, specie per i non addetti ai lavori di rilevamento scientifico dei dati, che però costituiscono la base del consenso per qualunque legge o qualunque scappatoia di fatto, parrebbe importante capire quale sia il vero oggetto del contendere. Ovvero capire che suolo si consuma oltre che quanto: la misura della superficie impermeabilizzata e a cui è impedito di svolgere il ruolo di suolo è ovviamente l'unico criterio di partenza, ma anche quelle cifre a volte impressionanti sui campi di calcio che ci scompaiono davanti al naso sotto case capannoni e strade spesso non evocano sensibilità efficace. Ne sono esempio lampante moltissime fiere battaglie locali «contro il consumo di suolo» che in realtà tutelano poco o nulla da quel punto di vista, sprecando energie consenso mentre ignorano del tutto la vera questione ambientale e i rimedi più efficaci.

Considerato in altri termini: opporsi a qualunque trasformazione edilizia/urbana su superfici non edificata del proprio quartiere o Comune contiene il consumo di suolo? Si e no. Non si tratta di sofismo arzigogolante a vanvera, perché se è vero che anche il grande consumo di suolo è solo la somma di tanti piccoli consumi minori, la scala e gli effetti delle trasformazioni restano pur sempre fondamentali. Non è tutto: a volte evitare un piccolo consumo di suolo significa solo spostare e allargare la trasformazione, facendolo diventare più grande, come succede in quelle battaglie locali dove la strada o il centro commerciale o altre strutture che impermeabilizzano superficie, invece di realizzarsi in località A vanno a finire in località B dove incontrano meno resistenza e possono addirittura allargarsi. Una vera strategia contro il consumo di suolo non può essere locale, e infatti si auspicano leggi nazionali, bilanci complessivi, e appoggio ad attività e controlli continuati e diretti per interesse. Un disegno di legge alcuni anni fa individuava questo interesse nel settore chiave dell'agricoltura, e pareva (ancora parrebbe) ovvio quanto solido diffuso affidabile incanalare certo strumentalmente tutto il processo di contenimento così. Piani di dimensioni territoriali basati su qualcosa di molto simile ai «bacini alimentari» regionali, magari con riferimento diretto alle articolazioni locali di settore e risalendo anche per la filiera delle trasformazioni e dei consumi.

Se si consuma suolo qui non ci deve essere l'occhio dell'esteta offeso per accorgersene e intervenire: basta leggere i bilanci o lavorare quotidianamente. Mentre diverso è l'approccio quantitativo sostanzialmente aritmetico, ad esempio, delle impermeabilizzazioni tornate in auge in questi giorni di «bombe d'acqua» e accuse all'urbanizzazione cementificante. Ma cementificante cosa, come, con che effetti misurabili? Difficile se non impossibile dirlo, difficile se non impossibile compilare qualcosa di diverso da piani puramente vincolistici, che poi dovrebbero essere monitorati nella loro adeguatezza al problema, ma da chi, come? Il riferimento, certo parziale e non esaustivo, forse un po' schematico e che non accontenta tutti, alla produzione agricola, pare rispondere efficacemente a tutte queste domande inevase. Ma emargina un po' gli storici ambientalisti del paesaggio e dei beni culturali, con le loro culture e professioni di riferimento, i quali si ritengono depositari del sapere giusto, delle procedure più esatte. Quali? Un piano che protegge il suolo in quanto materia prima delle filiere alimentari ha un suo banale riscontro sociale ed economico immediatamente tangibile. Un altro benintenzionatissimo piano per la tutela della «materia prima identitaria» paesaggio, che quegli aspetti di filiera vorrebbe tra l'altro contenere ma non l'ha mai fatto, cosa offre in cambio? Sono questioni aperte.

La Città Conquistatrice - Consumo di Suolo
 

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