Chiudono i negozi: e quindi?
Le città muoiono come mosche (almeno sulla carta) da decenni e nessuno ci dice niente. Salvo quelli a cui pare sempre di celebrare in anticipo quei funerali annunciandola con grande anticipo quella tragica dipartita. Moriva la città tradizionale demolita come in un attacco militare nemico dal piccone risanatore otto-novecentesco, che con l'idea di portare sole luce modernità spazzava via secolo o millenni di storia umana sociale artistica religiosa. Moriva la stessa città tradizionale assaltata non più fisicamente ma economicamente dalla cosiddetta terziarizzazione strisciante che la svuotava di abitanti per mettere al loro posto uffici servizi esercizi commerciali. E oggi a quanto pare iniziano a morire a loro volta un po' di quegli ex assassini terziarizzatori, o i loro eredi per successione, perché in sostanza cacciando via la propria potenziale clientela si sono messi da soli fuori mercato. Che scemi verrebbe da dire: se la sono proprio cercata e adesso che paghino. Invece no: ettari di pagine di giornale dedicati a pensose riflessioni su questa denunciata ennesima Morte della Città perché come afferma Confcommercio ci sarebbe una moria di negozi e quindi una «desertificazione». Ma forse è meglio tornare un po' indietro nel tempo all'emergere magari più episodico ma identico del medesimo allarme. Che dura sindacalmente da decenni, in realtà sin dai tempi della cosiddetta terziarizzazione strisciante.
Esiste una fase dello sviluppo urbano collocabile più o meno a cavallo della metà del secolo scorso, in cui si sovrappongono in realtà due degli aspetti di Morte della Città da espulsione di funzioni e persone che abbiamo elencato sopra: lo Sventramento ottocentesco e la Terziarizzazione strisciante dei centri. Protagonista di primo piano, almeno come punta dell'iceberg più visibile negli effetti e nella sostanza, l'automobilismo di massa. Che facilità la crescita di periferie anche remote anche a basso costo (finanziario di breve periodo, non certo sociale e ambientale) attutendo l'impatto della espulsione dai centri trasformati, facilita gli spostamenti pendolari casa lavoro servizi o per il tempo libero, ma fatalmente ne facilita anche altri. Per esempio quelli dei servizi stessi che prima si organizzano e poi si ricollocano là dove appare più funzionale ai loro interessi. È il tanto a lungo auspicato «decentramento urbano» che però non avviene trasformando il mondo in una cartolina di villaggi contadini salvo il fatto di non fare affatto il contadino, ma in qualcos'altro. Ovvero nella distesa di lottizzazioni di villette, capannoni, complessi per uffici con parcheggio, centri commerciali dove i negozi scappati dal centro storici si ripropongono in versione aria condizionata comodo parcheggio gratuito.
Nessuno parla di morte, in quelle villette capannoni Shopping Mall, visto che non è morto nulla di interessante dal loro punto di vista. Anzi la stessa città dove vanno saltuariamente sta migliorando e offre cose prima inusitate, come quelle file di mescite di alcolici da percorrere il sabato sera dopo aver parcheggiato sullo scivolo disabili o sul marciapiede unendosi alla cosiddetta Movida. Certo per chi continua a pensare che il suo modus operandi commerciale sia l'unico possibile e praticabile quella è un po' la morte, ma stiamo dalle parti del ciabattino che non ha più clienti da quando ci sono le scarpe sportive di plastica non riparabili, o dell'orologiaio quando tutti l'ora la guardano sul cellulare, e poi dell'orologiaio riciclato negoziante di cellulari quando quei dispositivi li si compra preferibilmente rivolgendosi ad altre filiere di distribuzione. Ora: le anche legittime rivendicazioni sindacali-corporative di categoria (la categoria dei fruttivendoli biologici pop-up all'ingrosso o quella dei sex workers ad affitto breve su piattaforma) hanno qualcosa davvero a che vedere con la Vitalità Urbana? Certamente sì da un determinato punto di vista, ovvero se la loro riconversione-sostituzione induce «morte» o deserto o monofunzionalità. Altrettanto certamente no se, come assai probabile, la vita si orienta altrove o muta forme. Meglio farebbero i decisori politici a guardare a quelle lamentele con l'occhio clinico di chi sa distinguere il rappresentante dal rappresentato. Perché il negoziante non è affatto «la città», non lo è mai stato. Saperlo aiuta.