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Venerdì, 29 Marzo 2024
Città conquistatrice

Città conquistatrice

A cura di Fabrizio Bottini

La città c'è manca solo che ci mettiamo i minuti

Nelle ormai piuttosto dilaganti anche se confuse discussioni sulla cosiddetta città sostenibile, post pandemica, climaticamente resiliente, energeticamente risparmiosa, ambientalmente giusta e tutto il resto, spicca certamente il tema del quartiere mescolato ai tempi di percorrenza. Quello che ha avuto come prima visibile affermazione anche mediatica il raggio dei Quindici Minuti prodotto collaterale e immateriale degli studi sulla Smart City, e che immediatamente si mescola ad altri temi socio-spaziali, dallo Smart Working alle forme miste di servizi didattici, socio-sanitari, culturali, di mobilità e comunicazione. Come prevedibile e logico il mondo degli «spazialisti professionisti» ha correttamente iniziato a ridimensionare o meglio conferire dimensioni fisiche coerenti a quel coacervo di idee spesso confliggenti, ripercorrendo nei pro e contro l'idea di parte di città, distretto o quartiere così come si configura nella storia dell'urbanistica moderna. Ovvero dal puro settore urbano letteralmente ricolonizzato dagli abitanti contadini inurbati alla ricerca della comunità di villaggio perduta, attraverso le varie formalizzazioni architettoniche vernacolari, fino alla Unità di Vicinato automobilistico-familista novecentesca. Sui cui caratteri forse vale la pena tornare qui da un diverso punto di vista, perché sono assai più ricchi e stimolanti di quanto sembrerebbe.

Quando si parla di «quartiere» in senso moderno ci si riferisce infatti allo specifico equilibrio di socio-economia e spazio urbano centellinato dall'architetto virtuale Clarence Arthur Perry (un sociologo molto addentro alle questioni dell'architettura diciamo) tra il 1910 e il 1940. È lo stesso Perry a raccontarci nell'Appendice del suo ultimo lavoro maturo sulla «Casa nell'Età della Macchina» come in pratica tutta quell'idea, che poi avrebbe conformato un intero secolo di produzioni progettuali e programmazioni urbano-sociali, fosse già matura all'inizio e dovesse semplicemente trovare formalizzazione comprensibile a tutti, architetti modernisti o tradizionalisti inclusi. Ci indica anche, Perry, una serie di filoni di riflessione politico-sociale precisa, da cui esce già pronta l'idea, ed è quella della scuola come nodo di cittadinanza collocata sul territorio. Spicca a mio parere per ricchezza e completezza dei contributi la serie di relazioni scientifiche in svariati convegni sul «Centro Sociale nella Città», virtuosamente editati e mescolati in volume da Edward Joshua Ward per conto della Lega Municipale nel 1913. I temi servizi immagini rappresentati sono davvero rivelatori in quel contesto.

La scuola-centro sociale e nodo immaginario e di identità urbana dovrà contenere e rappresentare secondo i variegatissimi Relatori selezionati da Ward: scienza cultura e politica come luogo di incontro e conferenze tematiche sia specializzate che divulgative che comizi elettorali; un deposito di conoscenze consultabili come aperta Biblioteca ed Emeroteca locale inserita in rete; un altrettanto locale ma altrettanto inserita in rete Galleria d'Arte o Museo a disposizione degli utenti e probabile sinergia con le altre attività culturali; lo spazio Concerti che scendendo di scala e pretese può anche offrire ambito di tempo libero ballo celebrazioni rinfreschi; uno spazio Esposizioni anche eventualmente commerciali ma di interesse locale e generale; Cinema e Teatro; Servizi locali per la Salute il Lavoro, l'Assistenza sociale. Solo per citare gli aspetti principali e le loro immediate conseguenze collaterali. Cosa ci dice calcolando la sensibilità e le conoscenze attuali questo abbastanza esaustivo elenco? Che alla radice dell'idea di Quartiere, comunque quantificato, spazializzato, misurato nelle dimensioni spazio-temporali e anche funzionali, c'è molto più della pura composizione di edifici, servizi, aspettative confuse posate sul territorio. Ma un vero e proprio riassunto di aspirazioni, a cui resta da essere organizzate nelle risposte concrete, ed eventualmente arricchite. La Città dei Quindici Minuti, lasciando pure il copyright a chi lo pretende, insomma già esiste, e da parecchio, sta a noi – e ai nostri rappresentanti eletti - coglierla, se non addirittura pretenderla.

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