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Giovedì, 25 Aprile 2024
Città conquistatrice

Città conquistatrice

A cura di Fabrizio Bottini

La città della cittadinanza per anziani

Industrializzazione e urbanizzazione moderne avvengono sulla base di una vera e propria ingegneria sociale che crea e gerarchizza gruppi sulla base della propria specifica efficienza, organizzando poi attorno ad essi la grande macchina della produzione e riproduzione. Tutto così efficacemente ed efficientemente che siamo ormai abituati a considerare il tutto come sedimentazione storica quasi naturale, ovvia, ineluttabile salvo come abbastanza di moda oggi guardare a un «passato da rivalutare» qualunque alternativa. Per esempio l'idea di «famiglia» nucleare così funzionale a produzione e consumo cresciuta addosso all'organizzazione collettiva della modernità, e sui cui sono via via cresciute tante diramazioni che vanno dal formato degli elettrodomestici o dei veicoli di trasporto all'organizzazione del welfare sociale e sanitario dell'istruzione dei diritti. Quanto di ciò che consideriamo immutabile naturale normalità discende invece da quell'idea di famiglia nucleare base della società e unico pilastro di stabilità? Impossibile concepire per esempio il grande processo di espansione urbana e poi suburbana (sia legato all'industria e servizi che frammisto alla rivoluzione agricolo-industriale novecentesca) senza considerare quel perno e le sue gerarchie.

Incluso il maschio padrone economico breadwinner la femmina in età fertile protagonista della riproduzione e cura i bambini vivaio investimento futuro. Tutto certo derivato in alcuni – discutibilissimi – principi dall'antico villaggio patriarcale ma profondamente modificati nella struttura e nelle relazioni col contesto. In cui il ruolo dell'anziano perde via via di senso pratico riducendosi a vaga ombra etica a cui trovare qualche genere di collocazione decente. Pensiamo alla stessa organizzazione del villaggio urbano che abbiamo imparato da un secolo a considerare unità di vicinato equilibrata, e ci vediamo certamente lo spazio per il capofamiglia che si compra la casa e ci colloca gli altri componenti, sua moglie che la casa la gestisce ed esce attivamente dentro il raggio dei servizi e delle interazioni sociali collegate, i figli che la accompagnano fino al luogo dedicato della Scuola, ma senza che si intraveda spazio reale per altri salvo il lavoro di quartiere (insegnanti, negozianti, operatori di welfare). Significativo che l'anziano ex patriarca o matriarca sparisca manco fosse una specie di patologia cronica, relegato nel neo carcere istituzione totale ospedale manicomio e via dicendo detto Residenza Sociosanitaria Assistita, tanto visibile nella sua incongruità durante la pandemia.

E forse non è un caso se la riproposizione del villaggio urbano novecentesco che oggi si è ribattezzata Città dei Quindici Minuti l'antica unità di vicinato non la vuole nemmeno citare o evocare, preferendo delineare scenari diversi anche per nome. In cui le reti della cura della produzione della riproduzione dei servizi si sovrappongono a uno spazio post-produttivo, e anche l'anziano espulso per ragioni di efficienza fisica dalle manovre meccaniche e di potere dell'impianto industriale recupera dignità e ruolo, non solo per teorico misericordioso «diritto di cittadinanza» ma perché evidentemente un ruolo diverso dalla materia prima sballottabile a piacimento ce l'aveva, si trattavo solo di trovarlo. Anche qui stiamo un po' al superamento dello zoning monofunzionale tanto caro alla città moderna tradizionale fatta di vasi non comunicanti: l'area dei capannoni, quella degli uffici, quella delle villette borghesi, quella dei casermoni popolari, gli ospedali per i bambini e quelli per i segregati moribondi, le scuole contenitore e quelle di eccellenza. Anche se si è "malati cronici" irrecuperabili? Irrecuperabili a cosa verrebbe da chiedere in ottima fede? La città è di tutti e tutti la devono vivere, non mettersi in fila per l'ennesimo colloquio di lavoro davanti al capetto di turno. In fondo è la cittadinanza della Rivoluzione Francese che si allarga davvero a tutti, comprese le fasce anagrafiche emarginate dalla Rivoluzione Industriale.

Riferimenti: Priti Salian, Is This the World’s Most Aging-Friendly City?, Reasons To Be Cheerful, 18 maggio 2021 

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