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Sabato, 20 Aprile 2024
Città conquistatrice

Città conquistatrice

A cura di Fabrizio Bottini

Il Cordolo del Nostro Scontento

Quanto costa al contribuente, comprare e mettere in opera uno di quei parallelepipedi di pietra o cemento che chiamiamo cordoli, o come dicono gli anglofoni «curb», a significare striscia di contenimento di qualcosa che altrimenti potrebbe dilagare? Non importa qui tanto stabilire una cifra, lì sono il mercato, le procedure, a fissarla. Conta invece il fatto che il possibile costo di acquisto e messa in opera dei «curb» sia un sintomo tale da far scattare il sospetto dei non addetti ai lavori. I quali catecumeni della tecnica stradale, di fronte alle migliaia di chilometri di questi trabiccoli, inopinatamente scaricati sul territorio, giustamente si chiedono: ma perché? E si rispondono nel modo classico: qui c'è sotto qualcosa, qualcosa che avrà in qualche modo a che vedere con interessi economici inconfessabili, nascosti dietro la neutralità della tecnica. Ed è indubbio che, nella classica logica da assalto alle diligenza che da sempre caratterizza ahimè i lavori pubblici, un po' di distorsione del genere colpisca anche nel caso dei cordoli: se c'è da lavorare, lavoriamo «bene», ovvero rivendendo al nostro committente tutto quanto gli si può ragionevolmente rivendere, presentato come assolutamente indispensabile per lo scopo. Ma poi basta guardare le cose dalla parte dell'utente, e si scopre che si tratta di indispensabilità molto, molto relativa.

La pista ciclabile è una eccellente cartina di tornasole per questo uso dogmatico-artificioso del curb di separazione, dato che coi marciapiedi il discorso diventa del tutto diverso e assai più complesso. Proviamo a ripercorrere idealmente qualche tratto, di queste ciclabili «contenute», a partire dal caso estremo di certi veri e propri canyon, a volte di proporzioni geografiche quando si attraversano tratti extraurbani a margine di qualche strada. Non è infrequente, ad esempio, trovare chilometri di ciclabile realizzata oltre il fosso laterale che delimita la carreggiata, e munita su entrambi i lati di cordolo, magari doppio, a formare un avvallamento cementizio che separa i ciclisti dal panorama che dovrebbero invece naturalmente attraversare? Ovviamente, interrogato a proposito, qualunque progettista o costruttore vi risponderà più o meno sprezzante con una frase gergale (riassumibile in: «tu non capisci un accidente, baby»), prima di spiegare che esistono problemi di cedimento dei terreni, o arredo a verde dei bordi pista, o chissà che: c'è sempre, la spiegazione tecnica, sta scritta nei documenti e nei manuali. Ma pare quasi sempre pretestuosa, davanti al risultato e alle decine di esempi realizzati diversamente quando qualcuno ha saputo imporre metodi diversi.

Questo solo per fare un esempio fra i tanti di progetto «in negativo», dove il cordolo peggiora anziché migliorare, la prestazionalità del tracciato, in base a criteri discutibili. Ma vediamo il versante economico citato in partenza: più il mio lavorare «a regola d'arte» con dispiego di costosi cordoli impiega le limitate risorse disponibili, meno sviluppo di piste potrò realizzare, il che a volte risulta pure comodo. Se un costruttore privato realizza un percorso ciclabile col criterio cosiddetto delle «opere di urbanizzazione a scomputo di oneri», la sua soluzione ideale sarà quella di concentrare tutta la spesa dovuta in uno spazio limitato, segnatamente a migliorare il proprio progetto di trasformazione anziché la città pubblica, proprio usando criteri come materiali e soluzioni relativamente più costose, e operativamente meno impegnative. Ci ritroviamo così con quelle finte piazze sopra gli autosilos centrali, irte ovunque di cordoli di separazione, e dove le piste ciclabili si trasformano in una specie di catino affossato, salvo terminare bruscamente ai limiti della piazza. Quando con la medesima spesa, usando la tecnica leggera del percorso colorato e delimitato da catarifrangenti, magari si sarebbe tracciata una rete organica a scala di quartiere. L'obiezione classica, qui suona: «ma quel tipo di piste non è sicuro come quelle coi cordoli». Rispondiamo nel modo più ovvio: un quartiere dotato di piste meno sicure, è meglio o peggio di un quartiere non dotato di nulla. E per adesso fermiamoci qui, all'introduzione del problema.

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