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Venerdì, 29 Marzo 2024
Città conquistatrice

Città conquistatrice

A cura di Fabrizio Bottini

Contastorie e pettegole urbane

I risultati delle recenti elezioni locali hanno confermato il ruolo centrale dell’immagine nell’orientare i consensi. Ma non si tratta solo, come abbastanza noto da parecchio tempo, di mettere in campo strategie di comunicazione efficaci: la questione è che spesso anche le ex masse amorfe si sono costruite una loro serie di anticorpi al bombardamento pubblicitario. Anticorpi che non funzionano proprio perfettamente, ma allontanano chi ha comunicato magari benissimo concetti sbagliati, poco accettabili, o potenzialmente forieri di qualcosa che non piace affatto. Il politico magari vicino alla nostra vita quotidiana, ma ad aspetti che per vari motivi non amiamo veder mescolati con decisioni responsabili, non convince, ma respinge. E il meccanismo è quello abbastanza prevedibile, in fondo, dell’accostare automaticamente un’immagine a un fatto: il decisore che invece di pensare si balocca con le sciocchezze, oppure al contrario per fingere un eccesso di zelo si presenta in ruoli improbabili di salvatore dell’universo, e senza un briciolo di autoironia.

Nelle strategie amministrative e gestionali urbane, locali, il rischio è forse minore dal punto di vista del consenso immediato, ma più importante sui singoli progetti e il modo di promuoverli. Capita ad esempio sempre più spesso di ascoltare, o leggere sulle bacheche dei social network, sarcasmi un tempo piuttosto rari sulla classica retorica degli architetti progettisti, sulle loro narrazioni elegiache e visionarie a sostegno di questa o quella grande o piccola trasformazione. Ma per esperienza diretta chi le ascolta, queste narrazioni, può facilmente e concretamente verificare quanto lontane siano dalla realtà: accostare idealmente il proprio gruppo di edifici a qualcos’altro che sta lontanissimo, nel tempo o nello spazio, cade facilmente nel ridicolo (grattacieli per uffici paragonati a torri medievali eccetera), così pure come straparlare di “città” pensando di fatto a una specie di sfondo neutro su cui far spiccare meglio la propria opera, sono cose che hanno fatto il loro tempo.

Oggi c’è un altro tipo di retorica dell’immagine, stavolta in buona fede ma altrettanto perniciosa, che deriva da strategie simili a quelle degli architetti, adottate dal nuovo senso civico diffuso delle associazioni, comitati, gruppi organizzati di cittadini. Queste neo Dame di San Vincenzo urbane, con le migliori intenzioni, producono progetti locali e circoscritti, pensati dal proprio punto di vista (esattamente come accade con gli architetti, salvo che qui non c’è neppure la mediazione di un committente), e pensando che possa far bene a tutta la città. Cosa magari anche possibile, ma come le idee degli architetti, o le proposte politiche, va verificato se “funzioni” nel contesto: serve l’area pedonale richiesta dal comitato, o serve una maggiore praticabilità ai pedoni in genere? Serve quella linea di trasporti, o potersi spostare meglio, o addirittura non doversi spostare affatto perché tutto è più a portata di mano? Sono domande che l’immagine eccessivamente semplificata non vuole porsi, perché difficili, impossibili da riassumere in uno slogan, in un selfie, in un batti e ribatti da social network. Ma che, come ci potrebbe insegnare dolorosamente la verifica pratica, è meglio porsi in fretta, giusto a evitare guai peggiori a tutti.

Su La Città Conquistatrice articoli dedicati sia al tema della partecipazione https://www.cittaconquistatrice.it/tag/partecipazione/ che a quello della progettazione architettonica https://www.cittaconquistatrice.it/tag/progettazione-architettonica/

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