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Martedì, 16 Aprile 2024
Città conquistatrice

Città conquistatrice

A cura di Fabrizio Bottini

Floating Piers, paesaggio, partecipazione

Della grande installazione di Christo sul Lago d'Iseo se ne parla ormai da molti mesi in tutto il mondo, come del resto avvenuto circa un anno fa con l'altro evento estivo nazionale, l'Expo di Milano, si sono quasi subito scatenate le polemiche, sia quelle fondate che quelle del tutto campate in aria. Dato che in questa pagina settimanale di note non ci occupiamo principalmente di psicologia, gli eventuali problemi personali, irrisolti conflitti adolescenziali e via dicendo degli ipercritici da social network, interessano molto relativamente. 

Interessa parecchio invece tutta l'altra corposa massa delle critiche basata su varie considerazioni sull'opera e il contesto in cui si colloca. Sacrosante per esempio tutte le stroncature (del resto identiche a quanto intravisto qui e là con Expo) del meccanismo gestionale dei flussi, che in epoca digitale avrebbero potuto essere organizzati diversamente, magari con un collegamento in tempo reale fra disponibilità di spazio e accessi, e sicuramente contando meno sul banale meccanismo rete stradale, parcheggi, code. 

È successo così che il pur imponente schieramento di personale specializzato messo in campo dagli enti locali non ha potuto tamponare le falle aperte dalla solita logica automobilistica. Secondo cui ci vorrebbero sempre più strade, sempre più parcheggi e via dicendo, anche se prima o poi - come nel caso specifico era addirittura quasi certo – si sarebbe presentato il problema della «capacità dell'opera». Ovvero che più di tanta gente là dentro non ce ne sta, esiste un equilibrio diciamo così artistico dell'insieme. Ma qui arriviamo all'altro genere di critiche e stroncature: cos'è, quell'insieme?

I pontili galleggianti, sono una grande opera d'arte immersa nel paesaggio, oppure una sagra paesana per gonzi, trascinati a gridare i loro aaaah ooooh di stupore come su qualunque giostra allestita al campo sportivo dell'oratorio? Più o meno tra questi due estremi, si è articolata la discussione, del tutto legittima e fondata, sulla qualità artistica di Floating Piers, sul valore aggiunto o meno che assumevano guardati nella prospettiva di lavoro di Christo, dalle prime clamorose «impacchettature» in poi, oppure in una logica più architettonica e/o conservazionista nel rapporto specifico col paesaggio del lago prealpino, con la sua storia, con le preesistenze. 

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Molto si è detto, per esempio, sul fatto che l'intuizione dell'artista risalga a parecchi anni fa, e che il progetto era già stato offerto e respinto in vari contesti analoghi a quello dell'Iseo, come alcune città portuali. La critica, qui, suonerebbe più o meno: la regione padano-prealpina non è affatto parte integrante dell'opera, ma solo una specie di tabula rasa, un ripiego dell'ultimo minuto, su cui scaricare un progetto pensato per luoghi diversi rivelatisi impraticabili. E preferisco non soffermarmi qui su altre critiche, di stampo decisamente «complottardo», che rilevando il ruolo attivo della famiglia bresciana Beretta (quella delle armi, e quindi di un implicito contenuto capitalistico-guerrafondaio di Floating Piers) si lanciavano in supposizioni e considerazioni abbastanza surreali. Legittime come tutte, ma sia dato di dissentire, soprattutto se si considera una cosa: entrambi i due filoni di critica, diciamo quello sui flussi e quello sullo spazio, appartengono a un approccio parziale.

Il vero senso, del resto dichiarato, delle passerelle fluttuanti a pelo d'acqua, è quello di portare l'osservatore-massa a camminare dentro un paesaggio lacuale e montano prima del tutto inesistente, e a sperimentarlo sulla pelle in modo diretto, senza neppure la mediazione classica della barca. E a farlo in modo collettivo e territorialmente parecchio integrato, se si immagina il processo come l'insieme degli accessi automobilistici, ferroviari, ciclabili, pedonali, e poi il percorso vero e proprio interno al manufatto provvisorio, coi due flussi in andata e ritorno contemporanei che si incrociano a velocità variabili. 

Ora, cos'altro è, Floating Piers, se non un consapevole protagonismo degli utenti, già «dentro l'opera» in modo attivo nel momenti in cui arrivano nel territorio amministrato dai comuni coinvolti nella gestione del traffico (pur con le critiche tecniche di cui sopra)? Insomma si parla tanto di partecipazione e territorio, di partecipazione e trasformazioni urbane, di desiderio dei cittadini di essere coinvolti nei processi di decisione e uso dello spazio, e poi non si nota il senso di questa piccola migrazione di massa, a passeggiare a piedi nudi sulle acque di un piccolo lago prealpino?

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