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Giovedì, 25 Aprile 2024
Città conquistatrice

Città conquistatrice

A cura di Fabrizio Bottini

Immagine dell'artista su sfondo ambientale

In principio c’è uno di quei periodici «artisti che prestano la propria immagine a una causa». E si vede per un po’ quella nota faccia abbinata a immagini, concetti, idee, altri personaggi pubblici di diversa estrazione, connessi alla causa. Ma c’è modo e modo di prestare la propria immagine in quel modo, e anzi spesso si scopre che l’immagine prestata in realtà non è quella dell’artista alla causa, ma viceversa quella della causa all’artista. Cioè che il tema l’ispirazione il movimento, scelto per le ragioni più disparate a causa della sua visibilità, diventa giusto lo sfondo di una promozione personale, così come si fa con la spiaggia estiva per i pettegolezzi sui nuovi fidanzati da pubblicare nei rotocalchi. È successo recentemente con un cantante intrattenitore che «aveva abbracciato la causa dell’ambiente» addirittura sponsorizzato e legittimato da una storica importante associazione di settore. C’erano dei precedenti di altri artisti per esempio con il risparmio energetico nei concerti o iniziative analoghe, ma stavolta una intera organizzazione di tour praticamente si presentava da sola come l’ago della bilancia della sensibilizzazione di massa sull’ambiente, il cambiamento climatico, la difesa di flora, fauna, territorio. Altro che le canzonette contro i grattacieli di trenta piani dove si stava nudi sulla pianta di mezzo secolo fa, insomma.

Ma poi alla verifica pratica e di dettaglio, si scopre come abbastanza ovvio e prevedibile che quanto più grosse sono le promesse tanto più enormi saranno quelle non mantenute. Non basta cantare che tutti si vogliono bene per farli voler bene sul serio, e non basta, promettere amore e rispetto per l’ambiente per suscitarlo davvero e impropri fans. Specie quando arrivano in macchina a decine di migliaia per volta ad ascoltare i concerti in posti inadeguati e piuttosto delicati, pesticciando dappertutto, buttando bottigliette di plastica dello sponsor che poi si dovranno raccogliere pesticciando ulteriormente, e via impattando sopra un enfaticamente dichiarato impatto zero. Inevitabile qualche pur bonaria critica. Anche quella respinta al mittente per ragioni di immagine d’artista: va tutto bene anzi benissimo perché il mio pubblico è contento. Se c’è qualcosa che non va allora cambiamo senso alla parola ambiente e tutela, ne va di me stesso della mia immagine figuriamoci quanto mi frega del resto.

Ma la faccenda non si esaurisce certo con cantanti o stilisti e simili. Arriva fino all'approccio artistico più complesso che corrisponde all’attività professionale dell’architetto. Che a differenza di altri quando sta usando l’ambiente per promuovere la propria immagine, visibilità, marchio, lo fa in modo decisamente pervasivo ben oltre lo sfondo dell’azione vera e propria. Perché è l’interezza del suo progetto professionale, ben prima dell’effetto sociale indiretto (che nel caso dei concerti sono gli spettatori che arrivano in massa) a riguardare la trasformazione, l’impatto ambientale, e la comunicazione di metodo per gli impatti di eventuali imitatori. Qui le critiche non possono e non devono essere bonarie, perché tutte le scelte sono state determinate e condizionate proprio dagli effetti, progettati e previsti nei dettagli. Un edificio, un quartiere, può essere valutato scientificamente già nel progetto, sia da entità esterne (per esempio chi deve dare il via all’attuazione) sia da chi lo concepisce e promuove. Quindi mentire o come accade più di frequente omettere informazioni, all’unico scopo di far brillare la propria immagine di salvatori del pianeta, della città, del clima, della natura, dà particolarmente sui nervi.

Riferimenti: La Città è Monopolio degli Architetti?

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