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Venerdì, 19 Aprile 2024
Città conquistatrice

Città conquistatrice

A cura di Fabrizio Bottini

I nomadi reietti della segregazione urbana

Capita addirittura di leggere l'articolo anti-gentrification di una militante americana, che cita per chiarire meglio il concetto la definizione dell'Oxford Dictionary, e il guaio comincia proprio da lì. Perché l'ineffabile compilatore di quella voce sul vocabolario ha deciso di spiegarci che "la gentrification è il processo di adattamento di un edificio o di un quartiere ai gusti borghesi"

Una madornale cantonata, una sesquipedale stupidaggine, che confonde le cause con gli effetti, addirittura con effetti secondari e per nulla determinanti. Praticamente, come leggere in un vocabolario in uso corrente nelle scuole e sugli scaffali delle biblioteche (anzi, uno dei principali e più autorevoli vocabolari), che "la povertà è il processo che fa spuntare delle pezze sui pantaloni". 

Perché come ci spiegavano benissimo mezzo secolo fa i ricercatori sociali, indicando questo nuovo strisciante degrado urbano, gentrification è sostituzione sociale, formazione di un'area omogenea dove c'era complessità. Il resto, tutto il resto, è eventuale e per nulla determinante, altro che "adattare un edificio ai gusti borghesi", manco stessimo sulle pagine patinate di una rivista per la signora elegante appassionata di gentrification e barboncini!

Il fatto è che, fosse in buona o cattiva fede non si capisce esattamente, a partire da certe massicce demolizioni e ricostruzioni di aree industriali (attività produttive e residenza operaia) degli anni '80, si è allargato l'uso del termine a una forma di sostituzione sociale diversa da quella originaria, perché prevedeva preliminarmente in pratica la realizzazione di un quartiere nuovo, anziché l'insediamento in quello vecchio. Ma piuttosto rapidamente l'aspetto sociale è come evaporato dalla consapevolezza, e i nuovi borghesi gentrificatori diventavano semplicemente, nella classica retorica neoliberale, la "nicchia di mercato" interessata ad abitare le parti di città riqualificate. 

La medesima filosofia, trovava poi assolutamente positivo, senza alcun dubbio, l'innalzarsi dei valori immobiliari di una vasta zona circostante a quella originariamente trasformata, e la "libera scelta" delle classi a reddito medio-basso residue di andarsene, lasciando spazio e nuovi influssi del medesimo tipo. E adesso siamo a quella quasi vergognosa definizione da vocabolario, nonché agli infiniti articoli che ci spiegano l'esistenza di infiniti casi di gentrification buona e giusta, dove i borghesi hanno migliorato la situazione di un quartiere andandosi ad abitare.  Ovvero si chiama così qualcosa che è tutt'altro (nuovi abitanti, fine) solo per confondere le acque, mentre la sostituzione sociale brutale e omogeneizzate continua a desertificare il tessuto di immense aree urbane.

L'ultimo sintomo, ormai oltre l'immaginabile, è quello del "nomadismo Uber", del resto perfettamente inserito nei processi di segregazione urbana e suburbana più sedimentati, da quello dei deserti alimentari, alle gated communities fortificate anche in centro per assenza di vigilanza spontanea, agli enormi problemi derivanti dalla quasi completa assenza di ceti popolari e anche medi, come insegnanti, poliziotti, vigili del fuoco. E oggi arrivano, ad unirsi alla folta schiera dei reietti, gli schiavi del volante incatenati all'app di Uber, ansiosi di approfittare dei ricchi mercati di chi quel genere di trasporto se lo può concedere senza alcun problema e in abbondanza. 

Ovvero dei medesimi ceti alti che hanno negli anni occupato militarmente ogni angolino di certi grandi settori urbani a San Francisco, Chicago, Columbus, New York, e via dicendo. Eric Newcomer e Olivia Zaleski, firmano per Bloomberg un inquietante servizio dal titolo: "Gli autisti Uber campeggiano nei piazzali a parcheggio", con eloquenti foto di veicoli attrezzati per la notte. 

Del resto, una situazione non diversissima da quella più o meno storica dei latinos addetti ai servizi domestici della borghesia suburbana di qualche lottizzazione esclusiva (magari in quelle realizzate da Donald Trump quando non era ancora Presidente degli Stati Uniti), ma non possono minimamente permettersi di risiedere nei paraggi, e si accontentano di qualche piazzola di sosta delle superstrade per sistemare la famiglia, non troppo lontano dal posto di lavoro e un po' fuori vista dai passanti e dallo sceriffo. Ma con i guidatori delle auto Uber siano davvero al post-lavoro, al post-pendolarismo, e la chiamano "sharing economy urbana": con che faccia tosta?

Su La Città Conquistatrice, naturalmente, abbondanza di articoli sulla Gentrification

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