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Giovedì, 25 Aprile 2024
Città conquistatrice

Città conquistatrice

A cura di Fabrizio Bottini

Il candidato esponga la sua idea di città

È da forse prima della cosiddetta crisi dei partiti politici (di immagine esterna oltre che di logica ed equilibri interni) che all’elettore e all’opinione pubblica si propone e ripropone la cosiddetta «centralità della persona». Vale a dire che chi cerca mandato e consenso in dubbio su quanto e come contare sul «marchio di garanzia» del simbolo di partito o lista ci mette direttamente la faccia, anzi se la costruisce ad hoc per l'occasione. Cosa senz'altro positiva ma che risolvendo alcuni problemi ne crea immediatamente degli altri di non meno complessa soluzione.  Accade infatti che probabilmente per «avvicinarsi al cittadino» di cui si chiede la delega si tenta di usare linguaggi comprensibili e simili al suo, di ridurre le questioni al livello gestibile a chi non ė del mestiere per così dire. Ma l'effetto in realtà par contraddittorio: da un lato forse si cattura l'attenzione esagerando, emettendo segnali forti che sostituiscono il trascinamento dell'ideologia con qualcos'altro; dall'altro l'informazione su quel che si è fatto e/o si vuole fare da rappresentanti eletti scivola nel generico o nell'inutile.

Un aspetto che ha finito per emergere anche nell'ultima campagna elettorale in corso per le amministrative, dove i temi sono davvero tangibili per il cittadino e dove parrebbe abbastanza lineare quel rapporto chiarezza-concretezza-efficacia della comunicazione. Personalmente a furia di leggere post o volantini di questo tipo ho avuto spesso la tentazione di cambiare orientamento o addirittura astenermi proporzionalmente a quanto ero esposto a quel genere di comunicazione. Cosa che dovrebbe forse preoccupare gli interessati (almeno se il loro obiettivo resta quello di indurmi a votarli). Ho davanti agli occhi uno di questi materiali, stampato in forma cartacea ma che replica in sostanza e con costi e impegno aggiunto i medesimi contenuti della campagna social. Provo a descriverlo insieme alle impressioni che suscita. Sobrio, con una fotografia che adeguatamente ritagliata potrebbe ben figurare ovunque, dai documenti ufficiali all'album dei ricordi di amici e colleghi, punta evidentemente molto sulla comunicazione «oggettiva» dell'attività di rappresentanza. Accanto al simbolo della lista vedo a titolo di slogan personale (più connesso alla lista o alla specificità del candidato? Non è chiarissimo) citati nell'ordine: Ambiente, Partecipazione, Beni Comuni. All'interno prima una rassegna di ciò che il candidato ha fatto nello scorso mandato, visto che si tratta di una ri-candidatura, e a fronte ciò che intende fare nel prossimo. Ma le cose non sono né articolate secondo la tripartizione della copertina, né azioni parallele conseguenti sui medesimi temi del passato riproposti nel futuro. Certo alcune parole e idee si ripetono, ma spesso pare un omaggio a forme comunicative che si ritengono adeguate e basta. Restano le singole azioni, i «progetti» seguiti, che l'elettore cittadino può aver seguito nel loro farsi in passato, oppure scoprire oggi in prospettiva anche futura. Quelle sono cose che capiamo tutti: un programma per i diritti, un progetto di servizi o strutture o spazio pubblico, una riorganizzazione degli uffici che si tradurrà in maggiore giustizia ed efficienza. Ok, ma mi convince? Certamente nel caso specifico (tra i migliori peraltro) tutto sembra ampiamente verificabile per non dire già verificato, ma assomiglia troppo al curriculum di un candidato ad una posizione manageriale: che rapporto c'è tra visioni, ideali, insomma una ideologia politica qualsivoglia, e la verniciatura delle panchine o la sicurezza stradale che praticamente chiunque deve quasi per forza infilare nel proprio programma? Perché dovrei votare proprio te insomma e non quell'altra che dice le stesse cose? Viene voglia quasi quasi di dire ti voto giusto perché vedo quel simbolo di partito o di lista che mi dà qualche fiducia e prospettiva generale. Ma così siamo tornati al punto di partenza e non va. Davvero non va.

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