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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Città conquistatrice

Città conquistatrice

A cura di Fabrizio Bottini

Il progetto che ignora il committente

Qualche anno fa nel municipio dove abito partì tra l'entusiasmo di alcuni e i dubbi o lo scorno di altri la riqualificazione di una piazza a verde sia simbolica che di importanza sociale come luogo di transito e relazione. L'entusiasmo era tra i progettisti (anche quelli non direttamente coinvolti ma che si entusiasmano appena si parla di "progetto"), lo scorno era tra gli utenti, propri e impropri, di quello spazio chiuso dal cantiere per anni durante i lavori. I dubbiosi come me credo fossero pochissimi, come verificai provando e porli in modo argomentato quei miei dubbi, e ricevendo in risposta o il totale silenzio o brevi secche liquidatorie risposte anche dagli amministratori. Mi ero dimenticato di tutta la faccenda visto che nel frattempo ben altre trasformazioni erano spuntate sia nei progetti che nelle realizzazioni pratiche, ma adesso pare che quei miei dubbi ritornino a galla perché a distanza di pochissimo tempo ecco saltar fuori un altro progetto di radicale rifacimento di quella piazza, e precisamente la sua chiusura al pubblico tramite la completa recinzione. Proposta dell'opposizione politica respinta dalla maggioranza per adesso, ma che illumina di diversa luce anche le mie riflessioni di allora. Che vorrei ricapitolare in questa diversa prospettiva.

In principio c'è quella piazza, davanti all'università ma circondata da altri edifici, sia residenziali che di servizio, concepita nel primo '900 come sosta-passeggio nel verde: pochi alberi, molti arbusti e cespugli, aiuole di erba e fiori, un monumento abbastanza discreto. Ma come succede più o meno ovunque a partire dalla seconda metà del secolo scorso, nuovi comportamenti urbani e soprattutto la diffusione di massa dell'auto privata ne ribaltano totalmente il ruolo. Quello che si immaginava come una specie di bozzetto impressionista con le dame e i cavalieri a passeggio, o le bambinaie del circondario a scambiarsi pettegolezzi sulle panchine, diventa una specie di parcheggio da discoteca, con capannelli di adolescenti in bilico sul predellino a tracannare una bibita ascoltando lo stereo. Ma possiamo legittimamente dire che non proprio di "degrado" si tratta, ma di certo discutibile adattamento all'evoluzione della domanda di spazio pubblico? Che certamente comprende in modo massiccio quella transumanza meccanica coatta, ma non si limita ad essa. E quando finalmente arriva il momento della manutenzione straordinaria, del grande cantiere di costosa riqualificazione della piazza, pare totalmente sciocco e antistorico fingere che invece non sia successo nulla in quasi un secolo, salvo qualche maleducato (anche nelle istituzioni) che non sa distinguere il luogo della sosta dei cittadini da quello del parcheggio veicoli. Il progetto di ripristino immagina quella piazza davvero popolata dalle medesime damine con l'ombrellino che non si erano viste neppure all'inizio.

Pare inevitabile che il processo di degrado inizi praticamente da subito, se lo leggiamo nei termini riassunti sopra: c'è uno spazio concepito per una utenza inesistente, e impossibile da indurre con qualche artificio (un gendarme o animatore che convince studenti e homeless frequentatori abituali della piazza di essere delle dame paleonovencentesche o le loro bambinaie). Si genera un vuoto subito colmato da qualcos'altro. E ci sono già tutti i presupposti perché per esempio la destra politica se ne esca con la sua eterna idea di obliterazione dello spazio pubblico, trasformato in zoo o carcere-caserma da una bella selva di solide sbarre. Che in fondo altro non sono se non una versione meccanica del gendarme per convincere gli utenti a comportarsi come quelli previsti dal progetto, o astenersi dall'utenza. Idea sballata, quella della recinzione, ovvio ma non tanto più sballata di quell'altra spesso richiesta a gran voce dei "maggiori controlli" ovvero del gendarme in carne e ossa anziché in ferro battuto. La risposta coerente ai bisogni sociali dovrebbe essere di concepire uno spazio abbastanza adeguato, magari equilibrando estetica e contemplazione (quella che ha ispirato l'incongruo progetto formale di giardinetto liberty), difesa dall'invasione delle auto che era forse l'obiettivo principale originario, e considerazione seria "prestazionale" sia delle forme che dei materiali, morti o vivi. Per i riferimenti basta del resto guardarsi attorno, ad altre piazze non lontanissime che avevano reagito decisamente meglio ai medesimi stimoli e abusi.

La Città Conquistatrice – Verde Urbano

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