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Giovedì, 25 Aprile 2024
Città conquistatrice

Città conquistatrice

A cura di Fabrizio Bottini

Il progetto fa male alla partecipazione

In epoca moderna, quando inizia a formarsi quel genere di «opinione pubblica sulle trasformazioni urbane» oggi in subbuglio e a sua volta in trasformazione, si tratta comunque di un dibattito circoscritto, di carattere salottiero-familiare senza nulla togliere all'autostima di famiglie e salotti. Riassumendo schematicamente, quel che avveniva in ogni caso, a seguito di un passaggio di proprietà o di dismissione funzionale, o di decisione pubblica celebrativa o privata speculativa, era che quel «salotto borghese urbano» rappresentato dagli organi di stampa, prolungamento dei caffè eleganti del centro, iniziasse a sobbollire di immagini e opinioni, progetti e critiche. La divisione era abbastanza chiara e netta: i progetti degli specialisti competenti da un lato, le critiche dell'élite culturale e sociale locale «destinataria interessata» di quelle trasformazioni dall'altro, a chiedersi pubblicamente cosa ci fosse di inadeguato là dentro, dal proprio punto di vista di futuri utenti a vario titolo di quegli spazi trasformati: contemplatori di monumenti, passeggiatori nei viali, magari abitanti nel nuovo quartiere elegante. Restava pur tuttavia un dibattito equilibrato, chiaro, interno.

Equilibrato perché in quanto rappresentanti della borghesia dominante i critici pur non professionalmente competenti o direttamente interessati dal punto di vista economico-politico alle trasformazioni, appartenevano pur sempre a un circolo importante e influente. Chiaro perché i ruoli in questo dibattito equilibrato non intendevano affatto sovrapporsi e confondersi: il competente proponeva, l'osservatore-destinatario discuteva, e tutto andava come doveva andare. Una discussione comunque «interna» al ceto dominante perché in un modo o nell'altro, vuoi per legami familiari-parentali, vuoi per comuni appartenenze di vario tipo, competenti e critici facevano riferimento a un sistema culturale e di bisogni omogeneo. Una terza voce, a complicare un poco le cose ma a rendere la discussione più fruttuosa era quella dei competenti critici-concorrenti, ovvero altri architetti o ingegneri o scultori o analoghi che proponevano vere e proprie alternative, idee compiute di diverse trasformazioni. Un criterio poi istituzionalizzato nei concorsi di idee, costruendo ad hoc il sistema dei premi per trovare comunque una collocazione dignitosa ma distinguibile anche agli «esclusi», magari da ripescare in altra occasione.

Tutto cambia in epoca abbastanza recente con l'esplodere del criterio e del bisogno di «partecipazione», espresso vuoi nelle forme dell'opposizione/progetto alternativo, vuoi in quelle canalizzate e istituzionalizzate del cosiddetto progetto partecipato. Che però come si intuisce da quanto detto in premessa confonde competenze ruoli e prospettive. Il cittadino singolo o organizzato in gruppi, che esprime critiche al progetto di trasformazione pubblico o privato, anche se non appartiene ad alcuna élite né a circoli influenti, in un sistema democratico e aperto ha il medesimo potere teorico dei critici borghesi di un tempo, anche di farsi ascoltare. Ma in genere, con l'eccezione delle opposizioni frontali a qualunque trasformazione locale, considerata dannosa, singoli e gruppi esprimono, vogliono esprimere, un progetto alternativo: con quali competenze? In rappresentanza di quali legittimi o meno interessi? Pare del tutto naturale e ovvio che, pensato in questo modo, il classico processo partecipativo (quello delle sedute o assemblee in cui si discutono forme alternative di trasformazione) abbia una natura ambigua e ideologica. Anche nelle forme moderne rese disponibili dalla rete o da programmi in grado di rendere in qualche modo «tecnicamente preparato» il cittadino. Forse, concludendo qui e con l'idea di riprendere in seguito il tema, meglio sarebbe pensare a una partecipazione pensata e perfezionata come «espressione tecnicamente guidata di bisogni». In fondo il cittadino su quello specifico punto, i suoi bisogni reali, può vantare la massima competenza possibile.

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