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Giovedì, 25 Aprile 2024
Città conquistatrice

Città conquistatrice

A cura di Fabrizio Bottini

L'Architetto è anche Umano? Una questione esiziale

Leggo lo sfogo di un affermato professionista dell'architettura in cui, riandando ai lontani anni della sua formazione giovanile, prima artistica e poi universitaria, lamenta le tremende lacune del tipo di insegnamenti ricevuti e soprattutto sostanzialmente negati. Il racconto come spesso succede in questo genere di narrazioni tende a mescolare cose molto diverse dentro una soggettività dominante e a sovrapporre storia e memoria. Di cui forse è meglio invece prima dipanare e poi interpretare le diverse matasse, se non altro per rendere utile quello sfogo oltre sé stesso. Il professionista architetto ripensa al periodo in cui era studente universitario e praticante professionale come a una specie di unico flusso formativo, quando invece logica vorrebbe vedere due distinte cose, diciamo pure paragonabili all'oggi contestato sistema degli stage lavorativi durante le medie superiori. Da un lato gli studi dall'altro le esercitazioni, in mezzo magari a fare da interfaccia qualche seminario-laboratorio di approfondimento tematico. Divaricazione che a livello universitario dovrebbe diventare più – e non meno – marcata, anche se l'Università almeno nominalmente è destinata a sviluppare tutto il proprio sapere in una direzione specifica: che sia l'Architettura o la Medicina o la Giurisprudenza solo per citare a caso alcuni tra i filoni principali.

Tornando coi piedi a terra dopo la breve escursione nell'iper-uranio dei principi seguiamo di nuovo la memoria del professionista pensoso quando ricorda il non insegnamento di altri professionisti nelle aule universitarie, o quanto meno la sua inutile sovrapposizione all'altro insegnamento della cosiddetta Università della Strada (classifichiamo così in termini semiserie fin troppo schematici tutto ciò che sta fuori dall'Accademia). Il nostro architetto in profonda anamnesi esistenziale rivive la frustrazione delle lunghe ore passate ad aspettare inutilmente che quegli incaricati professori professassero qualcosa, invece di chiedere a lui di dimostrare qualcos'altro appreso a pezzi e bocconi e chiamare quel sommario giudizio «valutazione di esame» fino al finale «pezzo di carta» che certifica la fine della frustrazione. Però il nostro Architetto in realtà a sua insaputa sta lamentando due cose diverse e contrastanti: quei professori non solo per trascuratezza e sciatteria omettono atti di ufficio (in pratica sostituendo i corsi e l'interazione seminariale con l'autodidattismo e la sua verifica burocratica nell'esame), ma interpretano in modo del tutto sbagliato il proprio ruolo. Perché quella cattedra non è affatto come credono un prolungamento dello studio professionale o bottega artigiana dove si apprende assorbendo l'aura del Maestro all'opera, ma qualcos'altro.

In pratica sta tutta lì, pur a livello alto e universitario-specializzato, la differenza tra scuola come momento di apprendimento cittadinanza diritto a sapere e capire, e avviamento professionale un po' scimmiesco in cui una serie di gesti vengono raffinati e trasformati in abitudine tic identitario fino alla qualifica ufficiale definitiva. La medesime distinzione destra-sinistra della scuola per tutti o solo per una ristretta élite di privilegiati predestinati a ben vedere: se devi cavare denti per tutta la vita è inutile che tu apprenda altro; se i denti li devi cavare riflettendo da essere umano integrale sul senso di quell'azione per la salute individuale e collettiva magari farai bene ad imparare altre cose. E impararle con un metodo diverso dall'assorbire abilità manuali osservando il Maestro col Camice manipolare le proprie cavie. Lo stesso vale nel caso dell'Architetto coi materiali da costruzione, le forme geometriche od organiche, le filosofie spaziali e l'introspezione tecnico-artistica. Che sono un po' come dei denti da cavare proiettati su diverso sfondo: confondere il gesto con la propria esistenza ed emettere giudizi con quei paraocchi di weltanschauung geometrico intuitiva oltre i limiti del farsesco. A guardarla bene. Se qualche professore progettista maieutico si sente offeso da queste divagazioni in fondo al tempo stesso mi dispiace e mi fa piacere. Mi dispiace perché non volevo offendere nessuno ma solo provare a riflettere su un oggettivo problema. Mi fa piacere perché ho colto il punto.

La Città Conquistatrice – Progettazione Architettonica

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