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Venerdì, 19 Aprile 2024
Città conquistatrice

Città conquistatrice

A cura di Fabrizio Bottini

La mamma in automobile col bambino a scuola

Si avvicina il momento della ripresa autunnale a regime delle attività scolastiche e cominciano parallelamente anche gli annunci sulle politiche urbane relative alla sicurezza stradale degli alunni che entrano ed escono dagli edifici cortili piazzali. Innanzitutto dobbiamo dividere in due famiglie queste politiche di sicurezza stradale, anche se come vedremo si tratta di cose perfettamente mescolabili una all'altra visto che si intrecciano solo nell'obiettivo e per nulla nei mezzi. La prima famiglia di politiche lavora socialmente sui comportamenti individuali e collettivi e si sviluppa per programmi. La seconda famiglia di politiche opera sullo spazio fisico e si sviluppa (purtroppo) per progetti definiti, molto meno per piani-programmi chiaramente delineati a sostegno di quei progetti. Ma entrambe queste famiglie di politiche per la sicurezza si rivolgono al medesimo problema-oggetto-piaga sociale definito dalla «mamma che vuole accompagnare il bambino in auto fin dove materialmente possibile». Tema notissimo in tutto il mondo e addirittura oggetto di vignette umoristiche come quella clip scandinava con l'auto che entra direttamente in classe e il bambino che passa senza soluzione di continuità dal sedile al banco. Fa sorridere, ma anche pensare al fatto che la realtà non è diversissima da così. Compresi gli incidenti, i morti, i feriti, i danni alla scuola e alla città. Ovvio che si avverta una certa urgenza di intervenire in qualche modo e misura.

L'automobile diventata da risorsa un problema la conosciamo da tempo. Così come pure da tempo conosciamo i vari rimedi a quel problema. Il fatto è che quando li si applica e li si mette in campo senza tener conto della complessità dei processi si rischiano pasticci involontari. I parenti ammucchiati in auto davanti al cancelletto della scuola ovviamente non spuntano all'improvviso, ma da quella complessità su cui occorrerebbe intervenire adeguatamente. Lo fanno pur sapendo di agire solo su una parte della questione i piani-programmi della prima famiglia a cui abbiamo accennato sopra, quelli che agiscono sui consumi comportamenti atteggiamenti delle persone. In modo non dissimile dalle campagne di pubblicità progresso alimentari, sanitarie, o culturali, turistiche e così via. Invitano i genitori nonni zii collaboratori domestici che di solito scarrozzano quei bambini a trasportarli o farli trasportare diversamente, dato che esiste quella più o meno comoda possibilità. C'è il trasporto pubblico, o quelle forme spurie dette «Pedibus» di mobilità collettiva dolce organizzata, o infine la più banale soluzione di andare a scuola come si faceva fino a non moltissimo tempo fa, ovvero uscendo di casa a piedi e camminando fin là. Qui – solo qui - entrerebbe in campo la seconda famiglia, dei progetti di trasformazione urbana in cemento asfalto aiuole cartelli e vigilanza. Ovvero la semipedonalizzazione degli spazi di accesso all'edificio scolastico.

Che intendiamoci va benissimo allo scopo pratico di «allargare il marciapiede» che vediamo in quei lavori pubblici sui cordoli, i riporti di terreno per le aiuole e i nuovi filari di alberature stradali, ma considerata in sé come tutte le pedonalizzazioni ha il difetto del progetto pilota che ci può pilotare in un sacco di direzioni a volte davvero inusitate. Una politica anti-auto che le auto si limita a spostarle di qualche decina di metri per esempio, come succede con tutte le possibili variazioni di traffico e arredi nelle aree commerciali centrali, anziché gestire, scoraggiarle, sostituirle con altro. A quello può mirare il piano programma di dissuasione informazione servizio alternativo: ma esiste? E se esiste ne sono chiari ed evidenti i collegamenti con la circoscritta pedonalizzazione del cancelletto scolastico? Vissuta altrimenti da molti come intervento autoritario contro chi è costretto (o si sente, costretto, che è la stessa cosa) ad arrivare da lontano in auto e poi cercarsi un improbabile parcheggio dove capita, in un quartiere e una città che non gli appartengono. Perché per esempio delle politiche di dissuasione doveva far parte anche il riconsiderare il bacino teorico della scuola, ormai più simile a quello dei centri commerciali che al luogo identitario di una piccola zona familiare-comunitaria. Quando pensiamo a quegli allargamenti di marciapiede «ecologici e di sicurezza» proviamo a pensarli insieme alla logica che li sottende, e se abbia qualche senso oppure no.

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