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Giovedì, 28 Marzo 2024
Città conquistatrice

Città conquistatrice

A cura di Fabrizio Bottini

La pista cicloamatoriale è il contrario della sostenibilità

Ci sono vere e proprie religioni, fedi granitiche in qualcosa che è lontanissimo dall'essere toccato con mano, che prosperano in ambiti davvero inusitati. Quelle più note sono naturalmente di tipo economico-politico, come l'idea assai in voga secondo cui aumentando a dismisura la ricchezza dei singoli poi, chissà come, l'umanità tutta ne trarrà vantaggio. Facendo «esempi pratici» da piazza del mercato che certamente qualcosa vorranno pur dire, ma stanno a parecchi anni luce dalla Grande Teoria fideista. Vorrei qui però parlare di qualcosa di più piccolino e circoscritto, dove i problemi di fede saltano parecchio più all'occhio e anche a qualcos'altro: la grande passione di sindaci e associazioni tematiche per i percorsi ciclabili territoriali di grande sviluppo, «immersi nel verde» per chilometri e chilometri di boschi, paesaggi, qualche gioiellino di archeologia industriale, ospitalità a km0 e via dicendo. Praticamente non passa giorno senza che la stampa, locale o nazionale o addirittura internazionale, ci proponga una di queste anti-grandi opere fatte invece di un mosaico di piccole trasformazioni, piccoli soggetti, e piccole iniziative su territorio, uniti dall'idea di ambiente, sostenibilità, nuovo e meno impattante rapporto con la natura nel tempo libero. E qui casca l'asino.

Casca esattamente sulla Fede così come esemplificata sopra: la costruzione teorica, apparentemente supportata da riscontri pratici, secondo cui qualcosa è bene in assoluto. Prima il bene era rappresentato dalla crescita della ricchezza concentrata in poche mani, e pronta miracolosamente a riversarsi su tutta l'umanità. Nel caso dei percorsi smisurati lungo torrenti, valli, dighe e castelli, invece della crescita abbiamo la bicicletta, feticcio ormai riconosciuto da tutti che significa: trasporti sostenibili, lotta al cambiamento climatico, salute e prevenzione, un migliore rapporto tra società e territorio, sicurezza stradale, contributo fondamentale all'uscita dalla crisi energetica, rete economica di produttori, commercio, manutenzione, distribuzione … Solo per fare alcuni esempi. Ma restiamo pur sempre dentro il campo della Fede, non certo della realtà: andare a sudare durante le vacanze, poniamo, tra i Castelli della Baviera e le Alpi tirolesi, oltre a evocare simpaticamente i Tre Uomini a Zonzo di Jerome, che rapporto ha con il sempre citato «trasporto urbano sostenibile»? Nessuno, zero, niente, nulla. Salvo per chi ha la Vera Fede: bicicletta di qui, bicicletta di là, possibile che non te ne accorgi, cretino, del rapporto chiarissimo tra pedalare sul greto di un torrente montano e andare a comprare le patate al supermercato? Sei proprio un fazioso provocatore antiecologista, ecco cosa sei!

Consapevole di vivere nel peccato, nel peccato mortale dell'agnosticismo: no, quel rapporto tra l'inerpicarsi per i boschi alpini e l'andare in ufficio ogni mattina non ce lo vedo proprio. Mi sembra invece, più ragionevolmente, una piccola arma di distrazione di massa, messa in campo forse anche in ottima fede da un piccolo gruppo di interessi compositi: le amministrazioni locali per rifarsi una immagine, le associazioni che coltivano quel tema e mostrano risultati, il settore economico legato direttamente (nonché quelli correlati) alla bicicletta, e naturale dulcis in fundo i media, sempre alla ricerca di innovazioni qualsivoglia con cui riempire una bella pagina culturale-ambientale: in futuro potremo pedalare da Johannesburg a Oslo, grazie alla Rete Globale del Pedale Sostenibile, WOW! Nel tempo libero, ovviamente, perché nel tempo normale dobbiamo accontentarci di lucidare la macchina high-tech appesa in garage, di fianco al fuoristrada diesel che usiamo tutto il giorno tutti i giorni. Ma guardiamo con fede e speranza al futuro. Ho dimenticato qualcosa?

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