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Sabato, 20 Aprile 2024
Città conquistatrice

Città conquistatrice

A cura di Fabrizio Bottini

La società che si plasma come cera versata in uno stampo

Mi capita spessissimo di citare uno sbrigativo intervento di alto esponente del governo fascista, podestà di Milano nei momenti più duri della guerra, presidente dell'Istituto Case Popolari, e tanto tanto altro anche dopo la guerra e l'avvento della Repubblica Democratica. Quindi personaggio assai rappresentativo di tante sensibilità e interessi di tutto rispetto, oltre che differenziati, articolati, compositi. Quello sbrigativo intervento di cui all'inizio recita alla lettera: "Una volta abituati non c'è più bisogno di costringerli", e l'ingegner Giuseppe Gorla sta parlando di questioni abitative sociali dalle pagine della rivista Tecnica Sanitaria e Igiene Urbanistica nel 1931. Si riferisce ai contadini e operai di recente urbanizzazione a cui sono state assegnate le case del nuovo quartiere popolare razionalista di San Siro, dotate nei limiti dell'economia dei moderni servizi di acqua corrente, gabinetti, docce comuni, lavatoi. Tutte cose che sono spesso ignorate nelle pratiche quotidiane di chi non le ha mai viste se non magari al cinema o nelle abitazioni borghesi in cui prestava servizio. Adesso ce le ha, in casa o al massimo in cortile, e può, anzi deve, usarle a proposito, per tenersi pulito, efficiente, attivo, e migliorare la razza oltre che la convivenza civile.

Sono in fondo i medesimi obiettivi sia del nascente welfare che della progettazione architettonico.urbanistica modernista: plasmare l'Uomo Nuovo del '900. E farlo agendo contemporaneamente sui due fronti degli spazi dentro cui è contenuto (in questo caso i gabinetti docce lavatoi) e degli stili di comportamento che dovrà svilupparci dentro. Riassume benissimo, nel suo schematismo tecnocratico-autoritario ma sostanzialmente e consapevolmente piuttosto benevolo, l'ingegner Giuseppe Gorla (poi famoso per la Legge Urbanistica 1942 che ancora dura a livello nazionale), l'obiettivo di modernizzazione urbana sociale che pervado tutto il mondo. E che ovviamente va ben oltre il controllo di qualche capo caseggiato sull'uso corretto della vasca da bagno per insaponarsi, e non per piantarci il basilico. Si allarga agli spazi privati capitalisti della fabbrica e dell'ufficio, dove l'ergonomia di stanza, macchine, organizzazione gerarchica, trasformeranno gli ex contadini cacciatori raccoglitori in cittadini modello con l'orario ferroviario e il catalogo del mobilificio.

A quelli domestici, a quelli stradali e pubblici, concepiti per mediare tra istinti "predatori" individuali svariati, e interazione sociale civile accettabile, se non proprio equa e giusta. Perché lo spazio pubblico della strada, della piazza, di ogni ambito comune, viene da sempre vissuto dall'analfabeta civico antiurbano come terra di nessuno da arraffare a brandelli: che si tratti della vera e propria appropriazione indebita (della borsa di un passante come dello spazio di sosta) fisica, o del sopruso comportamentale come quello veicolare della velocità o mancata precedenza. E proprio lo spazio stradale-pubblico è oggetto di qualcosa simile ma diverso dal plasmare la società degli architetti-urbanisti moderni. Uomo Nuovo novecentesco e Automobilista di massa (o se vogliamo utente della strada-piazza) sono identici nel metodo ma diversi nel merito. Anche perché concepiti da un diverso tecnico: da un lato l'architetto si rivolge con la casa-quartiere alla famiglia tenendone in conto le interazioni, e in qualche modo con esse a sua volta interagisce qualificando molto quel rapporto spazi-comportamenti; dall'altro l'ingegnere stradale-automobilistico finisce per concentrare su di sé una serie di responsabilità delegandone del tutto però tantissime ad altra entità di controllo e repressione.

Torniamo all'ingegnere-urbanista Gorla che dice sostanzialmente "Una volta abituati a tenersi puliti dall'averle a disposizione non c'è più bisogno di costringerli a usare le docce". Si progettano degli spazi contenitori di comportamenti e si calcola anche la necessitò di induzione, pedagogia, controllo esterno. L'abitante analfabeta civico igienico viene posto davanti al rubinetto, per così dire, insieme a un tutor controllore che gli spiega come usarlo ed eventualmente riprende se non lo fa o non lo fa correttamente. Niente di tutto questo con l'automobilista individualista scaraventato tra le corsie, o ricercatore di parcheggio, o sceso dall'auto e pedone provvisorio. In pratica, se l'alloggio-quartiere interviene molto attivamente nel plasmare i comportamenti (ovvero per usare le parole di Gorla "abitua") la strada-automobile al massimo interagisce col veicolo, episodicamente tutela l'incolumità del pedone, ma delega troppo il "bisogno di costringere" a entità esterne, che sia la segnaletica, il controllo, se sanzioni  amministrative o penali. Insomma se il progettista architetto di una parte di città ha molto ben presente i suoi obiettivi sociali, di plasmare individui e famiglie alla convivenza nella modernità, il progettista ingegnere della strada pensa soprattutto a una efficienza meccanica, accoppiandola a un controllo poliziesco che storicamente appare non solo inadeguato, ma proprio inefficiente e urbanamente improprio, e trasformando così lo spazio pubblico da parte dell'urbano a parte della fabbrica. È ora di inaugurare un'epoca "filosoficamente" diversa.

La Città Conquistatrice – Strade  

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La società che si plasma come cera versata in uno stampo

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