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Venerdì, 29 Marzo 2024
Città conquistatrice

Città conquistatrice

A cura di Fabrizio Bottini

Le politiche urbane e i politici urbani

C'è stata un'epoca della città moderna industriale italiana, in cui la gestione collettiva delle enormi risorse messe a disposizione dal capitale, dal lavoro, dagli investimenti esterni, veniva scientificamente tecnicamente e socialmente articolata, politicamente unificata, e chiamata "Urbanismo" usando un neologismo di derivazione francese. Esisteva comunque ai tempi – gli anni '20 del '900 – una certa fiducia generale nella politica espressa dalla riforma degli enti locali nel senso "totalitario" delle podesterie di nomina e non elettive, con la riorganizzazione tecnico-amministrativa degli uffici. Urbanismo così trascolorava almeno in teoria e in alcune pie intenzioni verso un'idea di politica urbana piuttosto organica e comprensiva, in cui per fare un esempio una buona gestione pubblica delle forniture energetiche non poteva non entrare in sinergia con la salubrità degli edifici anche se adibiti a bordelli pubblicamente controllati e affacciati su vie di proprietà e manutenzione pubblica dotate di alberature ben mescolate alle linee tranviarie.... Ma poi arrivò il castigamatti dell'Urbanistica "artistico-intuitiva" che alla grigia burocrazia voleva sostituire il genio italico sospinto dall'impeto futurista della corporazione fascista... E tutto andò a quel paese.

Dato che i politici stessi in fondo non vedevano l'ora di riprendersi un potere discrezionale di gestione di interessi e risorse, e quello slancio artistico intuitivo glie ne dava ottimo spunto liberandoli dai lacci e laccioli dell'efficienza amministrativa. Perché quella Urbanistica intuitiva anziché organizzativa si riduceva in realtà a una sorta di politica edilizia subordinando (ma in realtà sganciando) tantissimi settori e segmenti tecnici che invece l' Urbanismo provava a rendere più organici lasciando che la politica praticasse una sua discrezionalità generale, e non di rappresentanza specifica degli interessi e orientamenti. E tornando così di fatto alla divaricazione di competenze, deleghe, decisioni a cui si affermava invece di porre rimedio «regolatore». Una condizione ambigua resa ancora più acutamente tale dalle evoluzioni politiche democratiche seguite al sistema totalitario e decisionista, quando agli uffici deleghe parti tecniche finivano per corrispondere parti politiche, partiti, correnti, cordate. A ciascuno dei quali corrispondeva poi un piano strategico interno cresciuto con poche o punte vere relazioni con gli altri che procedevano paralleli. Dove a parte i bordelli a controllo pubblico tutti i comparti citati nell'esempio di sopra crescevano compartimentalizzati da soli.

A tutte queste cose mi è accaduto di pensare leggendo di recente un libro pubblicato da poco, e almeno nel titolo e nelle intenzioni dedicato alle "città", più in particolar modo a quella in cui abito ma con abbondanza di riferimenti per nulla locali. L'Autore è un politico a tempo pieno, al tempo stesso piuttosto giovane ma con una lunghissima esperienza sia di partito che amministrativa, e incuriosiva la stessa idea che potesse dedicarsi a quel versante e prospettiva di osservazione urbana, anziché poniamo sociale o politica in senso stretto. L'elenco dei titoli di capitolo, che paiono per certi versi desunti da un flowchart organizzativo metropolitano, confermerebbe questa prima impressione: siamo di fronte a un revival dell'Urbanismo un secolo dopo? Ma almeno una prima lettura delude, visto che non solo prevale una prospettiva tutta autobiografica in cui ogni trasversalità si limita ai percorsi ed esperienze personali, ma anche il tipo di narrazione (consapevolmente scelta o spontanea non è dato sapere) allinea progetti dopo progetti, casi dopo casi, riferimenti dopo riferimenti. Senza una chiave di lettura unica, per quanto discrezionale e dichiaratamente tale. Chi cercava una idea di città, o qualche spunto per iniziare a costruirne una, rimane quanto meno piuttosto perplesso. Ma forse una rilettura meno speranzosa porterà a diversi giudizi.

Riferimenti: Pierfrancesco Maran presenta il libro Le Città Visibili

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