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Martedì, 23 Aprile 2024
Città conquistatrice

Città conquistatrice

A cura di Fabrizio Bottini

Leonardo da Vinci sognava i Monopattini Elettrici?

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Brutta cosa il confondere concetti con progetti dentro un indebito ingegnerismo applicato a cose troppo complesse per ridurle a meccanismi: è il vizio dell'incolto, di chi in fondo ne capisce poco ma pretende invece di capire tutto. Di questi giorni si parla molto di Leonardo da Vinci a cinque secoli dalla morte, e mi sono tornati in mente per la milionesima volta quegli schizzi molto noti della cosiddetta Città su Due Livelli, diventati classico prototipo di quell'equivoco. Il riconosciuto genio multiforme del Rinascimento in fondo non faceva altro che pensare (come accaduto per le cosiddette Macchine Volanti che notoriamente non volano affatto) a un aspetto particolare di una questione generale, al tempo stesso puntualizzandolo e contestualizzandolo. Ne fa prova anche quella stessa tecnica per così dire editoriale dei suoi manoscritti, dove tutto e il contrario di tutto si mescolano sempre, a riprova del fatto che neppure nella testa del genio le cose riuscivano a ricomporsi. Magari «provando e riprovando» qualcosa di meglio riusciva nella sperimentazione sulla realtà di qualche dettaglio, a produrre nuove osservazioni critiche e altre modeste ipotesi puntuali.

Ma l'incolto invece vede quei disegnini e ci legge il progetto dell'ingegnere o addirittura il capitolato del geometra, e passa direttamente all'esecuzione magari su scala immensa. E quel portico detto Città su Due Livelli, da piccolo dettaglio per separare i carrettieri, i buoi e le loro cacche piene di mosche, dal delicato naso delle damigelle, si trasforma in svincoli autostradali impacchettati di guard rail, piste ciclabili separate dal mondo che paiono una rete idraulica, o quei parchi finti ridicoli costruiti rovesciando un po' di terra sopra il tetto di un parcheggio, dove non cresce quasi nulla. Perché la realtà è molto più complessa del disegnino di un marchingegno meccanico, e come tale andrebbe affrontata, e invece. Esce in questi giorni dal Ministero per le Infrastrutture e i Trasporti per (cito alla lettera) «definire le modalità di attuazione e gli strumenti operativi della sperimentazione della circolazione su strada di dispositivi per la mobilità personale a propulsione prevalentemente elettrica … consentita solo in ambito urbano e limitatamente alle specifiche tipologie di infrastrutture stradali ..». Si tratta in sostanza dei cosiddetti Monopattini, fruibili sia in proprietà che in regime di condivisione, nel qual caso una interessante specifica successiva della Circolare precisa come «i Comuni qualora istituiscano o affidino servizi dei dispositivi in condivisione, anche in modalità free floating, provvedono a definire specifiche aree per la sosta dei dispositivi, in particolare nei punti di scambio più elevato, al fine di garantire una fruizione più funzionale dei dispositivi ed evitare intralcio».

Ed ecco un ottimo esempio di interpretazione diciamo così leonardesca e complessa del rapporto tra dettaglio e universo, per giunta derivante da una precedente sperimentazione come quella già ampiamente trattata delle biciclette senza postazione fissa, che finivano per fluttuare un po' troppo liberamente sia nell'ambiente urbano che nell'immaginario di utenti incivili o distratti. Non solo si regola tecnicamente sia il carattere specifico puntuale dei mezzi, velocità prestazioni sicurezza, non solo se ne stabilisce il rapporto altrettanto governato e contenuto con la città (i punti o zone di prelievo-parcheggio non interferenti), ma in modo indiretto si comincia a considerare abbastanza seriamente anche quegli aspetti assai «fluttuanti» e smaterializzati che attengono ai comportamenti dei singoli, quegli stessi che hanno determinato la vera e propria catastrofe dei rottami abbandonati a montagne nelle città di tutto il mondo, rivelando per giunta che molti di quegli improvvisati operatori della mobilità condivisa in realtà non erano affatto interessati ai trasporti, né alla qualità urbana (vedi l'articolo di settimana scorsa). Evidentemente passare dallo schemino marchingegno high tech al confronto con la realtà urbana e sociale è servito, l'esperimento è riuscito: almeno nell'evidenziare macroscopiche lacune. E infatti anche questa circolare di regolamentazione del nuovo servizio riguarda solo una fase provvisoria, sperimentale, di pochi mesi, alla fine dei quali i Comuni riferiranno i risultati. E si spera, ardentemente, che la prossima Circolare, o altre forme di regolazione, tocchino finalmente il punto chiave della questione: i Contratti Tipo con gli operatori, e più in generale l'inserimento di queste miriadi di nuove forme di mobilità dentro l'insieme dei flussi urbani, che si chiami Smart City o chissà.

Città Conquistatrice – Bike Sharing
 

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