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Venerdì, 19 Aprile 2024
Città conquistatrice

Città conquistatrice

A cura di Fabrizio Bottini

I limiti di velocità non si fissano coi cartelli

Dopo l'ultimo tragico incidente stradale che ha fatto tanto parlare di sé, pare davvero inutile precisare che i morti non li fanno la droga l'alcol o la sconsideratezza, ma un cofano che va a sbattere a una certa velocità su un povero corpo umano. Inutile sia per chi ce l'ha già chiaro, e inutile anche per chi avido di qualunque «interpretazione psicologica» si è già ampiamente scatenato. Quindi un cofano a una certa velocità, e una ottima prevenzione sarebbe eliminare uno dei due fattori. Le automobili allo stato attuale paiono ineliminabili come presenza ubiqua anche là dove convivono con fittissime concentrazioni di corpi probabili bersagli. Quindi ci resta l'unica opzione di ridurre la velocità. Ma viene fatto ci risponde il «responsabile» di turno: guardate quei bei cartelli chiarissimi di immediata lettura sul ciglio stradale cosa dicono! E non dicono certo cose a vanvera, è tutto calcolato scientificamente, anche sui tempi di reazione … Peccato che quei cartelli funzionino un po' come l'avvertimento sui pacchetti di sigarette, dato che quelle ampie corsie comunicano tutt'altro alla maggior parte degli automobilisti: accelera finché ti senti sicuro lì dentro l'abitacolo. Ce lo raccontano le cronache stesse dell'ultimo incidente, che si tratta di un «asse di scorrimento veloce», veloce tanto quanto ti viene spontaneamente, ai cartelli ci pensiamo magari un'altra volta.

Dai primi vagiti dell'automobilismo le nuove strade sono così: carreggiata, curve, visibilità, tutto pensato per il famoso asse di scorrimento veloce, magari da gestire un po' come si era fatto prima con le ferrovie, ovvero isolando quei cofani a velocità letale dai fragili pedoni così goffamente lenti e pronti a farsi investire. Al punto che anche le vie realizzate precedentemente spessissimo subivano un restyling radicale: più larghe, via quelle fastidiose alberature, delimitate con guard-rail così che i pedoni potessero attraversare solo ed esclusivamente là dove progettato. Ah, e poi naturalmente i cartelli, perché veloci sì ma in sicurezza, ricordati di osservare i limiti, anche se fanno sempre evidentemente a cazzotti con la «logica soggettiva», come ben sa chi di solito li rispetta «rallentando il traffico». E invece, questi poveracci pateticamente ligi al dovere del cittadino rispettoso dei cartelli, stanno proprio facendo ciò che a quei cartelli non riesce quasi mai, ovvero porre un ostacolo fisico all'accelerazione degli altri veicoli. Qualcosa che ti comunica molto chiaramente ed esplicitamente: no, a quella velocità non passi, lo capisci anche tu che non si può, andresti a sbattere. E allora? Qui l'interpretazione psicologica collettiva caverebbe subito dal cappello il coniglio del «senso civico», in genere unito alla spietata repressione dei reprobi. Task force di cittadini ligi che obbligano chi scambia la città per una pista a comportamenti più civili, perbacco. Ovvero esattamente ciò che, come i cartelli, non ha mai funzionato.

Pare che a livello di Unione Europea si stia pensando di introdurre gradualmente nelle aree urbane il limite massimo dei trenta all'ora. E vorrei qui ricordare a titolo di metodo, che tante Zone Trenta (purtroppo non tutte o non ancora) si caratterizzano per qualcosa di diverso dalla semplice posa di cartelli e segnaletica orizzontale. Un percorso automobilistico di questo tipo si differenzia di solito molto chiaramente dagli altri perché qui «la città digerisce l'auto» e non viceversa. Anche dentro l'abitacolo si percepisce un rapporto diverso con l'esterno, di maggiore prossimità e integrazione, per certi versi non diversissimo dai cosiddetti spazi di circolazione condivisa in cui pedoni e veicoli si danno regole comuni volta per volta dentro un ambiente espressamente concepito a quello scopo. Non a caso siamo agli antipodi dell'idea di anticittà di Henry Ford, ma senza per forza volerne buttare il bambino prodigio insieme all'acqua sporca degli incidenti, dei moltissimi milioni di incidenti. Chissà quanti perfettamente evitabili facendo digerire l'auto alla città, e non viceversa.

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