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Giovedì, 25 Aprile 2024
Città conquistatrice

Città conquistatrice

A cura di Fabrizio Bottini

La mano sinistra della militarizzazione urbana

Il sindaco di Milano ha accennato alla possibilità di riportare per le strade di alcuni quartieri i militari che erano stati temporaneamente utilizzati per l'occasione del Giubileo romano: apriti cielo a sinistra, se ne sono sentite di tutti i colori! 

In effetti, come osservava pur con toni parecchio sopra le righe uno del tanti indignati commenti sul social network, le mimetiche, le armi spiegate, i veicoli piazzati a qualche angolo delle strade, un po' l'immagine dell'emergenza ordine pubblico, o addirittura del golpe antidemocratico, in fondo finiscono per darla. Come dice qualcuno il dispiegamento di forze militari in fondo altro non è che il prolungamento dell'azione politica con mezzi diversi dalla politica, e questa apparente rinuncia ai canali diciamo così tradizionali non piace molto. 

Va aggiunto, per inciso e uscendo dal puro sospetto e congettura, che in tantissimi casi di degrado urbano, come giustamente osservava – un po' oltre il coro della pura indignazione - una portavoce della sinistra milanese, "l'esercito è stato sperimentato, e non è servito a niente. Non siamo in guerra ma semplicemente in quartieri che cambiano, e questa è la sfida della città, quello che serve è un progetto e una visione che abbiano chiaro l'orizzonte dell'inclusione e della rigenerazione dei luoghi e della comunità".

Ma, riproponendo alla lettera la seconda parte di questa critica se non altro organica e oltre la pura indignazione ideologica, non se ne può non cogliere il carattere tutto sommato costruttivo. Non diverso, in fondo, dai più noti, decantati (anche troppo) "progetti periferie" cari alla politica nazionale e agli architetti. Ovvero che, in fondo, e dovrebbe saltare all'occhio implicitamente, quei militari per strada altro non sono se non una presenza pubblica fisica come un'altra, la questione vera è come si contestualizzano, cosa ci sta dietro in termini di strategie, in sintesi se sono nell'immaginario il simbolo di una prova di forza muscolare fine a sé stessa, sarebbe anche possibile trasformarli in tutt'altro. O, proprio al minimo, "limitare i danni" considerandoli una specie di dovuto approccio bi-partisan di immagine, che non pregiudica certo il "progetto e una visione che abbiano chiaro l'orizzonte dell'inclusione e della rigenerazione dei luoghi e della comunità". 

In tutte le medie e grandi città esistono fior di presidi militari, spesso privi di un rapporto organico con il territorio se non fosse per le relazioni formali con le autorità locali, e quell'occupazione di spazi oltre arcigne recinzioni spinate, e quel cartello Zona Militare Farsi Riconoscere! In fondo, rendere più visibile e quotidiana quella presenza in città con qualche presidio regolare nei quartieri, è un passo in avanti, e non indietro, in fatto di integrazione.

Che ostacolo si frappone, alle politiche di integrazione? Certo, se quei militari armati in divisa fossero il segnale del replicarsi del medesimo approccio fallito, caratteristico del centrodestra, di una pratica del bastone e della carota, in cui vigono regole di cittadinanza rigide, gerarchiche, tradizionali, allora sarebbero giustificate, tutte le perplessità emerse. Considerare la diversità, qualsiasi diversità, come sospetta anomalia e devianza, e sottoporla a quella vistosa e occhiuta vigilanza (inefficace in realtà, ma non è questo il punto) si è rivelato fallimentare e controproducente, una sorta di proibizionismo sociale. Ma questo non significa che la parte sia assolutamente inscindibile dal tutto: l'amministrazione e le forze locali associative mettano in campo conoscenze e strategie, mirate a ricostruire nuovi equilibri, là dove gli antichi sono andati a pezzi e si evidenziano contraddizioni, anche sotto forma di disagio e degrado. 

Casa, servizi, efficienza e qualità ambientale, attività economiche, sicurezza e qualità per tutti i cittadini, davvero non paiono affatto obiettivi "di destra" o per contro "di sinistra". Lo sono invece le opzioni di percorso per arrivarci, e in fondo mal che vada, quelle divise non minacciano certo di spostare equilibri. Al massimo, si può chiedere (legittimamente) di non mettere il carro armato in seconda fila: quello sì è inaccettabile, e manifesteremo tutto il nostro dissenso.

Su La Città Conquistatrice una lunga serie di contributi internazionali sul tema delle politiche di sicurezza urbana 

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