rotate-mobile
Venerdì, 29 Marzo 2024
Città conquistatrice

Città conquistatrice

A cura di Fabrizio Bottini

La tua macchina consuma più suolo che benzina

Seduto sulla panchina dei giardinetti a mezza strada tra casa e il supermercato abituale inizio a guardare con una certa attenzione il massiccio monovolume scuro che si sposta di qualche decina di metri avanti e indietro sulla via tra le scuole e il commissariato di polizia. Avevo fatto caso alla sua presenza dopo aver sentito il classico fastidioso stridore di un pneumatico contro il cordolo del marciapiede, quando tentava di infilarsi senza successo in retromarcia nello spazio tra due vetture parcheggiate. Niente da fare. Nemmeno con l'analogo tentativo alla piazzola vuota un po' più avanti. Per fortuna dell'ansioso conducente (l'ansia si deduceva da qualche piccolo scatto di guida più brusco del necessario) magari in ritardo un appuntamento, nel frattempo si libera una delle piazzole visibili sul lato opposto della via, quelle disposte a pettine perpendicolarmente al cordolo, dentro cui a quanto pare il conducente manovra meglio nonostante poi sia obbligato a strisciare letteralmente fuori dalla portiera schiacciata sul fianco dell'altra vettura. Scopro in quel momento che il conducente è una signora magrolina, mentre scappa via di corsa verso la sua commissione urgente. Ma quel che mi salta all'occhio non è più la sua difficoltà di manovrare, e neppure l'assurdità di trasportare cinquanta chili scarsi di signora dentro volumi da furgone per consegne a domicilio. È invece quella rivendicata «insufficienza di spazio per muoversi e sostare» che mi induce a guardarmi di nuovo attorno e ricalcolarlo.

Si chiamano standard urbanistici e sono le suddivisioni funzionali base obbligatorie dello spazio urbanizzato, in cui tra l'altro spicca sopra tutto la sterminata soverchiante immensità della superficie pavimentata che si dedica al comodo flusso, manovra, sosta e gestione dei veicoli. Immensità soverchiante che come dimostra tutta l'ansia parcheggiatrice della signora, e confermano i due o tre soliti mezzi visibili a cavallo del marciapiede o in carico-scarico su uno scivolo di passo carraio, neppure bastano a soddisfare la fame infinita di città delle scatole di latta. Del resto come scriveva usando termini un filo più poetici già Henry Ford un secolo fa, la metropoli moderna non serve più allo scopo e deve cedere il posto a qualcos'altro. Ovvero come sappiamo per esperienza diretta, tendenzialmente a una buona imitazione di un autosilo, o pista di atterraggio, o al massimo ipermercato con comode corsie di interfaccia. Dove gli esseri umani sono tollerati solo come appendice e tutto viene calcolato tecnicamente paternamente a garantire «mobilità e accessibilità» a quei veicoli protagonisti. Che poi in realtà sul territorio virtualmente si moltiplicano grazie alle destinazioni teoriche piuttosto lontane, per cui ogni auto circolante pretende un pezzo di superficie di diritto quando il conducente va in piscina (servizi), in ufficio (attività produttive), a trovare la zia (residenza). Magari mentre c'è un altro veicolo più piccolo più grande più nuovo più vecchio del medesimo proprietario contemporaneamente fermo altrove in altrettanto obbligatori standard sosta.

Inutile a questo punto ricordare come la «cementificazione e consumo di suolo» come la chiamano gli indignati conservazionisti locali di solito guardando verso l'alto anziché ai propri piedi, sia composta molto più di asfalto e cordoli e guard rail, che di pareti verticali e serramenti. Fino al surreale di certi parchi urbani dove tra «verde attrezzato» (ovvero pavimentazione che solo nei retini di Piano regolatore si chiama verde) e quei terrificanti parcheggi «di accessibilità» si finisce per mangiarsi buona parte di prati e alberi sotto una comoda coltre di asfalto. Al punto da porre davvero il problema: visto che quella pare la qualità media dell'urbanizzazione, non sarebbe il caso di cominciare a chiedersi cosa sia questa urbanizzazione, e perché sia così odiata dall'ambientalismo conservatore?

Si tratta di qualcosa che man mano si evolvevano alcune (alcune, non tutte) tecnologie, diventando correnti di massa e scontate, si è caratterizzata sempre più come «urbanizzazione meccanica» anziché seguendo i criteri di «antropizzazione del territorio» da cui era partita. E dentro cui sia la macchina in genere, sia il veicolo per spostarsi in particolare hanno finito per prendere il sopravvento. Così come in altri casi (nelle forme dell'alloggio, dei servizi, dello spazio pubblico) all'individuo essere umano sono subentrati altri soggetti, dalla famiglia nucleare, al consumatore, al Modulor modernista in tutti i suoi tentativi di imitazione. Forse è tempo di riformularla proprio, questa idea di urbanizzazione che il territorio lo cancella senza alcuno scopo visibile. Salvo quello di fungere da carburante per la macchina che riproduce sé stessa.

La Città Conquistatrice – Automobili  

Si parla di

La tua macchina consuma più suolo che benzina

Today è in caricamento