rotate-mobile
Mercoledì, 24 Aprile 2024
Città conquistatrice

Città conquistatrice

A cura di Fabrizio Bottini

Nella capitale dell'urbanistica tattica qualche assessore non sa neppure cosa sia

Pare sia una condanna inesorabile quella che induce qualunque politico in campagna elettorale a guardare al centro, come si suol dire. Ovvero cercare consensi più larghi rispetto alla linea di schieramento, tematico e di toni mediatici, su cui ci si era attestati sino a quel momento. Lo si fa in genere limando gli angoli della propria collocazione con qualche genere di campagna comunicativa a includere soggetti e sensibilità diverse. Oppure con strategia speculare ma del tutto analoga, calcando i toni ad escludere e separare la propria immagine da alcuni gruppi minoritari, sperando di far così posto ad altri più corposi e propulsivi. Certo per essere credibili bisogna poter vantare qualche genere di continuità, qualche rapporto con quei gruppi e interessi da rendere più stretto, qualche attenzione a quei temi da approfondire. Facciamo due esempi su temi caldi e cari sia a destra che a sinistra come sicurezza percepita e mobilità urbana. Qui il «guardare al centro» si esprime sempre nello stesso modo, ovvero iniziare a calcare la mano su toni e temi cari all'avversario.

Nella sicurezza percepita il linguaggio conta tantissimo, forse perché appunto ritenuto rassicurante di per sé. Qui guardare al centro da sinistra si esprime adottando una narrazione che ricorda dei verbali di polizia: forze dell'ordine che si spostano per la città nella notte tra toponimi aggettivi ed evocazione di luci lampeggianti riflesse sui marciapiedi; stanze di coordinamento che ci si immagina irte di tensione a servizio del cittadino bisognoso, conoscenze specialistiche usate per spiegare al colto e all'inclita come funzionano i meccanismi di controllo ed eventuale repressione. C'è qualcosa di sbagliato nel rendere conto agli elettori di tutto questo? Certamente no, salvo che farlo solo e soprattutto quando si «guarda al centro» e con quei toni da mattinale in triplice copia carbone è al tempo stesso sbagliato e inefficace.

Inefficace perché in fondo si sta scimmiottando l'eterna declinazione del tema cara alla destra, tradizionale ed estrema: percepita o no, l'insicurezza ha una sola risposta nel controllo e repressione, inclusi quei toni perentorio-militari che dovrebbero rassicurare il cittadino e intimorire il malintenzionato. Ma l'elettore di solito davanti all'alternativa tra l'originale e l'imitazione non ha dubbi e sceglie il prodotto garantito. Ma è anche un metodo sbagliato oltre che inefficace: come insegna la cosiddetta (dizione sbagliata ma è quella corrente) «teoria della finestra rotta» che appunto distingue tra insicurezza percepita e insicurezza reale, la risposta sta già nella distinzione. Chi percepisce può attivamente neutralizzare da solo. Incluso l'attivarsi per coinvolgere eventualmente controllo e repressione, quando l'insicurezza è verificabilmente reale. Ma passiamo all'analogo «guardare al centro» della mobilità urbana.

Qui di solito il discrimine tra progressisti e conservatori, o sinistra e destra se vogliamo, si declina sullo sbilanciamento verso il cittadino automobilista o verso il cittadino pedone, ciclista, utente dei mezzi pubblici. Nel caso che voglio presentare come pilota qui la distinzione possiamo farla in una prospettiva leggermente più sfumata (ma vedremo che in sostanza coincide) tra il cittadino individualista delegante di fronte al potere decisionale delle istituzioni, e il cittadino utente-partecipante della città che in qualche misura si inserisce in modo più attivo e consapevole nei processi. E del resto basta pensare a come l'automobilismo invasore di ogni angolo sia individualista per eccellenza, e come invece l'idea pervasiva ed elastica della mobilità dolce-pubblica appaia sociale, pur negli inevitabili conflitti. Uno dei conflitti più diffusi correnti praticamente fisiologici nella metropoli contemporanea è quello dell'abusivismo «di denuncia» in genere molto consapevole se non espressamente organizzato, e che negli USA la cultura disciplinare e oggi anche istituzionale ha inserito nella cosiddetta Urbanistica Tattica: trasformazioni effimere dello spazio cittadino di varie entità e dimensioni costruite per prefigurare situazioni diverse, in genere nel rapporto spazi-utenti. Come ben sappiamo dalla stampa (ne ha parlato spesso anche questa rubrica Città Conquistatrice di Today) a Milano la tattica è stata oggetto di interventi della pubblica amministrazione sulla sosta abusiva e l'uso improprio di spazi pubblici, realizzando piazze provvisorie.

Ma Urbanistica Tattica non si esaurisce col cosiddetto Asphalt Paint portato un po' di peso nel capoluogo lombardo dalla Bloomberg Foundation. Comprende anche processi più intricati e conflittuali, come, nel caso specifico della mobilità dolce e ciclabile, aprirsi spontaneamente varchi là dove sono stati per così dire ostruiti da quella meccanica-automobilistica. Per esempio a Milano i collegamenti tra quartieri sopra la ferrovia che una progettazione meccanica e ingegneristica ha consegnato totalmente per decenni, per generazioni, ai veicoli a motore, relegando anche i più audaci pedoni a una striscia «sicura» praticamente acrobatica, ed escludendo del tutto i ciclisti salvo chi vuole davvero rischiare l'incolumità. È accaduto, a distanza di anni, al ponte Bussa sopra la stazione Garibaldi, e poi recentemente alla Ghisolfa all'imbocco della lunga sopraelevata che collega poi la viabilità urbana alle autostrade. Gruppi organizzati di ciclisti, in modo analogo al comportamento di Critical Mass o di chi pedala controsenso o sale pedalando sul marciapiede, si sono tracciati un percorso orizzontale a terra. Se non ci pensa il Comune ci pensiamo noi almeno a ricordarglielo: più Urbanistica tattica di così

Ma come accaduto al cavalcavia Bussa anche alla Ghisolfa l''Assessora risponde a muso duro guardando al centro ovvero scimmiottando le destre: «Una bravata abusiva per nulla divertente né utile alla ciclabilità, un danno economico al Comune che dovrà spendere denaro pubblico per far rimuovere la pittura a terra». Non stiamo dalle parti della confusione colpevole tra sicurezza percepita e reale, e relativa interpretazione corretta e faziosa? Parrebbe proprio di si. Che sciocchezza questo «guardare al centro» invece di guardarsi più utilmente e tatticamente la punta del naso.

La Città Conquistatrice – Piste ciclabili 
 

Si parla di

Nella capitale dell'urbanistica tattica qualche assessore non sa neppure cosa sia

Today è in caricamento