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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Città conquistatrice

Città conquistatrice

A cura di Fabrizio Bottini

Parcheggi: quello che i politici non dicono

Leggo un comunicato istituzionale del mio Municipio in cui si vanta la realizzazione di una sorta di corsia solidale-preferenziale «per permettere ai mezzi di soccorso di uscire rapidamente senza l’intralcio delle macchine parcheggiate». Perché la sede e deposito delle ambulanze si trova appunto in fondo a un piazzale a parcheggio, dove come accade quasi sempre là dove esiste sosta regolamentata, se ne aggiunge subito dell'altra che di regole non vuol proprio saperne. E del resto è una specie di legge implicita di mercato, che possiamo verificare direttamente ovunque, a cui stavolta si risponde in parte col rimedio in genere scansato dai fautori del famoso «senso civico» rinforzato dai controlli di polizia. Ovvero ponendo solide barriere fisiche a impedire la sosta là dove impedisce il normale svolgersi delle attività urbane, che siano di circolazione, di relazione, economiche o sociali. Si potrebbe aggiungere, nel caso specifico, che forse la vera soluzione sarebbe di trovare una sede meno improvvisata, e tecnicamente adeguata, per queste attività di soccorso con ambulanze, ma qui vorrei soffermarmi su un altro punto, sostenuto con un diverso del tutto indipendente ma assai correlato esempio.

Esistono altre corsie, per nulla ufficialmente solidali e di soccorso, che vengono in qualche modo tutelate da altro settore amministrativo, e si tratta dei corridoi di trasporto pubblico, sotterraneo e di superficie, dove sono anche collocati i normali «parcheggi standard» di quartiere regolamentati dalle norme urbanistiche. Succede che secondo un normale e direi fisiologico processo di articolazione della mobilità, sempre più persone si spostino in auto da casa propria fino a un altro punto che non è la meta finale, parcheggiando il mezzo per passare ad altro, che sia una bicicletta, un monopattino condiviso, o la mobilità pubblica. E questo fa saltare gli equilibri degli standard a parcheggio, abbondantemente ma imperfettamente calcolati sulla base delle funzioni locali, residenza lavoro servizi, e non certo sulle strategie individuali di movimento dei cittadini automobilisti part time. Chi si sente per primo menomato di un diritto inviolabile è il cittadino residente elettore, che si incazza col suo rappresentante politico ritenuto garante della legge: gli standard a parcheggio li avete calcolati per me, e io ne devo godere, mica il primo che passa e decide di mollare l'auto per saltare sul tram! Così fila il ragionamento, e così lo prende alla lettera l'assessore competente ovviamente timoroso di perdere voti: si vara il piano Strisce Blu per i Residenti nei corridoi di mobilità, allertando anche la vigilanza urbana per far rispettare il nuovo più sottile «senso civico differenziato». Ma come direbbe un navigato politico, il problema è un altro, e pure la vera soluzione.

Questo problema che è un altro si può trasformare nella domanda: i calcoli degli standard a parcheggio sono cambiati oppure no? E la cosa vale sia nel primo caso della trasformazione fisica della corsia di accesso per ambulanze, sia nel secondo delle piazzole riverniciate con appello alla vigilanza ed eventuale repressione dei trasgressori. Perché se si ritiene che garantire accessibilità e sicurezza venga tradotto in un certo numero di piazzole (per metro quadrato di funzioni varie insediate), quelle dovrò semplicemente spostarle, non certo abolirle. E se invece pian piano con queste scuse e trucchetti sto in realtà riducendo a scala urbana o di quartiere l'accessibilità automobilistica, dovrei spiegarlo apertamente e chiaramente ai cittadini: quanti parcheggi c'erano prima di questi interventi, e quanti ce ne sono dopo? Il solo fatto di aderire alle campagne per l'inquinamento e il clima, promuovere un tipo di mobilità urbana e metropolitane meno focalizzata sull'auto privata, favorire anche economicamente (abbonamenti, tariffe integrate ecc.) questo genere di approccio, dovrebbe indicare che si: anche l'equazione «accessibilità = piazzole di sosta» non è più valida. Del resto questo radicale cambiamento di standard rispetto al passato, è ampiamente dichiarato da grandi città del mondo, quando si concedono deroghe urbanistiche e fiscali a chi realizza trasformazioni di questo tipo, come i complessi residenziali «pedonali» di Manhattan o il forse più famoso Shard londinese, dotato giusto di accesso ai mezzi di soccorso nonostante la capienza di migliaia e migliaia di persone. Ecco: sarebbe interessante se i nostri strateghi della sosta-accessibilità-mobilità ce la raccontassero giusta: li voteremmo con più gusto e consapevolezza.

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